Confermato il rating. Alti tassi di vaccinazione, elevati risparmi privati, miglioramento della fiducia delle imprese e delle famiglie, generosi fondi dell’UE e turismo in ripresa trainano la crescita. Dubbi sui negoziati in corso "per consentire un’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena", che oggi è del Tesoro, "da parte di un’altra grande banca italiana", Unicredit: "Un accordo richiederebbe quasi certamente un significativo apporto di capitale da parte dello Stato italiano"
L’agenzia Standard&Poor’s ha mantenuto invariato a ‘BBB’ il rating dell’Italia ma ha rivisto alzato l’outlook a ‘positivo, da ‘stabile’, motivando la decisione con la stima di “una forte ripresa guidata dagli investimenti nel 2021 e nel 2022, che riporterà il PIL italiano sopra i livelli del 2019 un anno prima delle nostre previsioni”. Per S&P “l’ampia maggioranza del governo Draghi dovrebbe garantire l’attuazione alla fine del 2021 dei 51 traguardi e obiettivi inclusi nell’ambizioso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza“. Qualche dubbio suscitano negli analisti i negoziati in corso “per consentire un’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena“, che oggi è del Tesoro, “da parte di un’altra grande banca italiana”, Unicredit: “Un accordo richiederebbe quasi certamente un significativo apporto di capitale da parte dello Stato italiano, rappresentando un potenziale rischio fiscale”.
S&P prevede che la crescita del Pil reale italiano si attesti quest’anno al 6%, seguita da un +4,4% nel 2022, con un deficit all’8,8% del PIL rispetto al target del 9,4% fissato dal governo, dal momento che le entrate continuano a superare le previsioni. Di qui la decisione del rialzo “a seguito del netto rafforzamento dell’impegno per le riforme a favore della crescita e delle ricadute positive che una maggiore crescita avrà sui conti pubblici”. I fattori trainanti di questa “crescita sostenuta” – che può tornare “a cifre che non si vedevano dal 1973” – sono alti tassi di vaccinazione, elevati risparmi privati, miglioramento della fiducia delle imprese e delle famiglie, generosi fondi dell’UE e turismo in ripresa. Sul fronte conti pubblici, l’agenzia tuttavia non prevede un ritorno a un surplus primario fino al 2025, mentre dopo il deficit all’8,8% stimato per quest’anno il disavanzo dovrebbe ridursi al 5,8% nel 2022.
Il debito pubblico netto a fine 2021 si attesterà al 144,8% del PIL (escluse le garanzie dell’EFSF) ma “nonostante l’aumento del rapporto debito/PIL, la spesa per interessi in rapporto al PIL continua a diminuire“: se nel 2012 era oltre il 5% nel 2021 è previsto al 3,2% e “considerato che il Tesoro italiano continua a rifinanziare il debito in scadenza a circa lo 0,1%, ben al di sotto del tasso medio del 2,35% pagato sul totale del debito, riteniamo che la spesa per interessi sul PIL scenderà al di sotto del 3,0% entro il 2022″.