Si è conclusa con una multa di 450 mila euro l’istruttoria avviata dall’Antitrust nei confronti di U-Earth Biotech e Pure Air Zone Italy, le due società che circa un anno fa avevano messo in vendita la mascherina high tech U-Mask descrivendola come un dispositivo medico certificato capace di proteggere al pari di una Ffp3, distruggere i virus e durare fino a 200 ore. Nel provvedimento emesso il 22 ottobre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha infatti stabilito che in realtà il prodotto in questione aveva caratteristiche inferiori e ha riconosciuto le aziende colpevoli di pratiche commerciali scorrette e aggressive.
Tutto è iniziato tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021: su denuncia di una ditta concorrente, la mascherina all’epoca in voga tra vip e politici è finita al centro di un’inchiesta dalla procura di Milano che ne ha disposto il ritiro da 10 farmacie sospettando non filtrasse quanto dichiarato e non avesse passato il vaglio dell’Istituto Superiore di Sanità come invece sostenuto. Da lì anche il successivo stop dal ministero della Salute alla vendita di nuovi lotti e la conseguente attivazione dell’Agcm, che dopo mesi di lavoro ha completato la sua indagine. “Per oltre un anno le due ditte hanno promosso online le mascherine chirurgiche biotech registrate come dispositivi medici, equiparandole indebitamente a facciali filtranti di efficacia superiore, quali i dispositivi di protezione individuale ffP3, e attribuendo loro qualità ulteriori, ad esempio proprietà virucide, certificate in autonomia“. Così si legge nel comunicato con cui ha motivato il provvedimento l’Autorità. Che prosegue: “Si tratta di una pratica posta in essere con modalità ingannevoli e aggressive, in quanto suscettibili di ingannare i consumatori sull’effettiva capacità protettiva della mascherina, mettendo in pericolo la loro salute, e di far leva sulla situazione di emergenza sanitaria per indurre indebitamente questi ultimi all’acquisto del prodotto”.
Non è però l’unica violazione posta in essere dalle società riconducibili alla creatura di Betta Maggio, fondatrice nel 2009 dell’azienda biotech U-Earth nonché sua attuale amministratrice delegata. Secondo l’Authority infatti “le condizioni generali di contratto erano disponibili solo in lingua inglese e veniva vantata un’inesistente approvazione della mascherina da parte del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità”. E in aggiunta a tutto ciò – rileva il Garante – sino alla fine dello scorso febbraio U-Earth Biotech e Pure Air Zone Italy “violavano la disciplina in tema di informazioni precontrattuali per il consumatore nei contratti a distanza in quanto non fornivano le previste indicazioni in merito alle modalità di esercizio del diritto di recesso del consumatore, alla garanzia legale di conformità e alla possibilità di servirsi di un meccanismo extra-giudiziale di reclamo e ricorso”.