Forte dei risultati raccolti nella Capitale, Carlo Calenda s’intesta una proposta nazionale per portare i partiti che sostengono Draghi oltre le colonne d’Ercole dell’elezione del capo dello Stato e il rinnovo delle Camere: niente riedizione dell’Ulivo, niente “cosa rossa” alla Bersani, sì invece a una coalizione saldamente governista. Di cui Calenda stesso, ca va sans dire, è il “perno”,. Sempre che riesca la sfida di “replicare in chiave nazionale l’esperienza di Roma”, dove la sua lista è diventata primo partito, con l’obiettivo del 10%. In pratica una “alleanza delle forze europeiste, antisovraniste e antipopuliste” raccolta attorno a un unico programma politico: andare alle urne dichiarando in anticipo la convergenza su Draghi come premier dopo il 2023. Chi mandare allora al Colle diventa quasi secondario, un Paolo Gentiloni, ad esempio. Dentro questa alleanza “per Draghi” ci andrebbero “Pd, liberali, riformisti e un pezzo di Movimento 5 stelle”. Dentro anche Forza Italia “se prevarrà la linea di Carfagna e Brunetta”. In ogni caso è questa la ricetta dell’eurodeputato e leader di Azione riportata oggi in diverse interviste ai giornali e online. Al direttore della Stampa Massimo Giannini Calenda dichiara che “si deve andare verso una maggioranza Ursula“, che è quella che governa in Europa. “La divisione ormai è tra partiti europeisti e partiti antisistema. In tutti Paesi le grandi famiglie politiche si sono alleate per tenere lontani populisti e sovranisti, solo da noi non è successo”.
Come un medico, Calenda fa l’anamnesi dei partiti altrui. Quello Democratico? Deve mettere da parte una “visione vecchia”, intesa come la soluzione Ulivo da trapiantare zi ai tempi moderni coltivata da Letta o la “cosa rossa” cara a Bersani. Dei Cinque Stelle Calenda osserva la temperatura interna, scuote la testa quasi certo che il paziente sia lì lì per “esplodere”. Meglio allora reclutare il pezzo sano. “Non ho problemi con Conte, penso solo che non abbia governato bene e che rischi di non farcela a resistere alla guida del Movimento. Ma ci sono altri 5 stelle, tipo Patuanelli e Todde, con cui parlo e che credo facciano un buon lavoro. Con Di Maio sono più in difficoltà, perché al Mise ha fatto uno sfascio e ritengo serva una classe dirigente di qualità, che amministri con competenza”.
Ed ecco il check up di Forza Italia che Calenda immagina nella maggioranza. “Se, come spero, prevarrà la linea di Carfagna e Brunetta. Mi auguro vincano la battaglia interna, credo che avverrà dopo la partita del Quirinale, quando Berlusconi si renderà conto che non riesce a diventare presidente. E forse coglierà la contraddizione di andare in Europa a gridare contro i sovranisti e poi incontrarli nella sua villa a Roma, pensando di governarci il Paese”. Piccolo cameo su Berlusconi. Giannini fa notare che l’arcoriano ex presidente lo abbia indicato come suo erede. Risposta: “Ho parlato con lui una volta sola in vita mia, prima della nascita del governo Draghi. Non l’ho mai votato, ma riconosco che è stato un leone. Comunque, lui terrà quel partito fino all’ultimo giorno: ragiona da imprenditore e quella è roba sua”. Su Italia Viva che è poi solo Renzi e poco più: “Non ci sentiamo, non so come andrà da qui al 2023. Ho già detto che non può tenere insieme business e politica, non è etico: abbiamo criticato tanto Berlusconi, che però almeno l’aveva fatto prima. Dico che Renzi è stato un bravo premier, ma io ho un’impostazione diversa”.In un’altra intervista Calenda separa il grano dall’olio in casa Lega. “Nel partito ci sono persone che lavorano seriamente come Giorgetti, poi c’è questo ragazzo che un giorno dice A e uno dice B”.
Giannini chiedere se sia dispiaciuto di non fare il sindaco. Risposta: “Io mi sono preparato un anno per farlo e non racconterò che questa è comunque una vittoria, perché non la sento come tale. È chiaro che sono onorato di aver preso 220mila voti, anche perché l’altra volta alle Europee mi avevano detto che i 280mila voti erano del Pd, stavolta è più difficile dirlo”. Manca giusto la domanda di riserva, sul fatto che nell’anno di preparazione sia formalmente rimasto al Parlamento europeo, anche se tra gli ultimi per presenza. Ma questo “doppio impegno” sembra destinato a protrarsi ancora. Alla Nazione Calenda precisa che vuole “portare Azione al 10% in tutta Italia” e per questo “partirò con un grande giro d’Italia in tutte le province. Abbiamo moltissimi amministratori locali di grande qualità che stanno venendo, noi siamo l’unico partito che può dare loro spazio a licello nazionale come candidati”. A Bruxelles si mettano l’animo in pace.