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Monte dei Paschi, “verso il fallimento i negoziati tra governo e Unicredit. Troppi i 7 miliardi di ricapitalizzazione chiesti da Orcel”

Secondo l'agenzia Reuters, Roma ha deciso che non sarà in grado di soddisfare le richieste dell'istituto di Piazza Gae Aulenti perché l’accordo risulterebbe "troppo punitivo" per i contribuenti. Il Tesoro possiede il 64% della banca e in base agli accordi con la Commissione Ue dovrebbe uscire entro fine anno

Il governo italiano e Unicredit si stanno preparando ad annullare i negoziati sulla cessione del Monte dei Paschi di Siena dopo che gli sforzi per raggiungere un accordo sul piano di ricapitalizzazione sono falliti. Lo scrive sul suo sito l’agenzia Reuters, che nei giorni scorsi aveva dato conto di una trattativa in salita dopo che l’amministratore delegato dell’istituto di piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, ha chiesto al Tesoro di farsi carico di un aumento di capitale da ben 7 miliardi.
Secondo Reuters, Roma ha deciso che non sarà in grado di soddisfare le richieste perché l’accordo risulterebbe “troppo punitivo” per i contribuenti. Ieri l’agenzia di rating S&P, nel migliorare l’outlook italiano, ha sottolineato il potenziale “rischio fiscale” legato alla ricapitalizzazione.

La fusione, già propiziata da una corposa dote fiscale (2 miliardi) concessa all’eventuale compratore con il decreto Sostegni, avrebbe dovuto risolvere la crisi più che decennale di Mps, ora controllata dal Tesoro che ne possiede il 64% e in base agli accordi con la Commissione Ue dovrebbe uscire entro fine anno. Quando il 29 luglio scorso Unicredit ha avviato colloqui esclusivi per rilevare “parti selezionate” dell’istituto senese, aveva stabilito che l’accordo avrebbe dovuto mantenere inalterato il capitale e incrementare gli utili per azione del 10%. Il target dichiarato erano gli sportelli Mps in Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

A tre mesi di distanza non c’è accordo sul perimetro dell’operazione e soprattutto sul capitale necessario a garantire la neutralità, condizione posta già dal precedente ad Jean Pierre Mustier ma oggetto di discussione perché i calcoli sono soggetti a valutazioni sul valore effettivo. Il governo, aveva scritto Reuters nei giorni scorsi, non è disposto a sborsare più di 3,5 miliardi per rimpolpare il capitale e coprire le 7.000 uscite necessarie per allineare i parametri di efficienza del Monte a quelli di UniCredit.

Quasi tutti i partiti si erano detti contrari alla fusione temendo la svendita e avevano chiesto al i chiedere all’Europa di concedere altro tempo al Tesoro per uscire dal capitale. Tutti tranne il Pd, il cui segretario Enrico Letta il 4 ottobre ha vinto le suppletive per il seggio di Siena che fu dell’ex ministro e oggi presidente di Unicredit Pier Carlo Padoan. Per ora a cantare vittoria è la Lega che si attribuisce la paternità del fallimento della trattativa: “Svendita di MPS a Unicredit è saltata. Merito anche della Lega che ha denunciato l’irrazionalità economica e sociale dell’operazione”, scrive su Twitter il deputato Guglielmo Picchi. “Felice che da soli contro tutti siamo riusciti a bloccare il sacco di Siena con la svendita di MPS e macelleria economica e sociale connessa con l’operazione”.

“Comunque vada a finire deve essere chiaro sin d’ora che non deve passare per la testa a nessuno neanche l’idea che il cerino possa restare in mano al sindacato”, commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. “Non accetteremo tagli di personale se non attraverso prepensionamenti su base volontaria e deve essere chiaro che ci opporremo, con tutti i mezzi a nostra disposizione, a qualsiasi tentativo di macelleria sociale”,