Il governo austriaco ha trovato un accordo sul suicidio assistito: la nuova legge entrerà in vigore nel 2022. Lo scorso dicembre la Corte costituzionale di Vienna aveva dichiarato incostituzionale la punibilità del suicidio assistito. Il reato – così la Corte suprema – era in contrasto con il diritto all’autodeterminazione. Il Parlamento ha tempo fino al primo gennaio 2022 per delineare la nuova cornice normativa, altrimenti il suicidio assistito diventerà legale anche senza una legge. Così anche Vienna supera l’Italia: a Roma il ddl sul suicidio assistito è fermo alla Camera, l’approdo in Aula è ancora slittato perché mancano i pareri del governo. Nel frattempo sono passati tre anni dalla sentenza della nostra Consulta che ha chiesto al Parlamento di esprimersi per colmare il vuoto normativo.
La nuova legge austriaca garantisce la protezione penale per chi “aiuta le persone gravemente malate a decidere di morire con dignità“. La norma quindi riconosce il diritto delle persone di decidere sul fine vita, di porre fine volontariamente alle loro sofferenze. Dall’altro lato, però, vengono definiti i criteri per accedere al suicidio assistito. Questa possibilità è prevista sole per le persone che soffrono di malattie gravi, le cui conseguenze “compromettono permanentemente il modo di vivere”. Quindi i pazienti terminali e quelli affetti da gravissime patologie senza possibilità di guarigione potranno ricevere tramite le farmacie un farmaco letale. I minorenni sono esplicitamente esclusi. Contemporaneamente sarà ampliata la rete di centri palliativi.
È prevista la possibilità di redigere un testamento, simile alle nostre DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), che serva come prova della decisione individuale di ricorrere al suicidio assistito. La domanda va presentata presso un notaio oppure un ‘difensore civico dei pazienti’. Inoltre, è obbligatoria la visita di almeno due medici, di cui uno deve avere la specializzazione per le cure palliative. Va documentata anche la capacità di intendere e volere del paziente. Nel caso che uno dei due medici abbia dei dubbi, va coinvolto anche uno psichiatra oppure uno psicologo. E’ inoltre previsto un arco temporale minimo di dodici settimane. In caso di pazienti terminali nell’ultimo stadio il periodo d’attesa può essere ridotto in via eccezionale a due settimane.