“In Italia un caso come quello accaduto ad Alec Baldwin non potrebbe mai accadere”. Ne è sicuro Franco Ragusa, presidente Aiat-Sfx, coordinatore degli effetti speciali in film come Quantum of solace e La passione di Cristo. “Tutto quello che avviene durante le riprese di film italiani che comportano armi in scena è regolamentato dall’articolo 22 della legge 110 del 1975 e dalla circolare attuativa successiva. Legge che ha subito alcune modifiche nel 2010 e anche negli ultimi cinque sei anni”, spiega Ragusa a FqMagazine.
Nelle circolare attuativa si parla infatti di “demilitarizzazione” o “disattivazione” dell’arma, quindi della trasformazione di un’arma da guerra o tipo guerra (ad esempio mitra o kalashnikov) in un’arma comune da sparo (rivoltelle o fucili). Ad esempio per una pistola si modifica la canna in modo che non sia più possibile sparare normali cartucce e che poi si possa usare per proiettili a salve. L’arma va poi bancata e inviata al Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco e munizioni commerciali che ha sede a Gardone in Val Trompia (Brescia). Lì l’arma verrà marchiata con un timbro e verrà concessa la licenza d’uso. A tutto questo va aggiunto il “permesso di trasporto” approvato infine dalla questura del luogo di partenza e dalla questura del luogo d’arrivo dove il film si girerà, a cui va annessa la comunicazione degli spazi dove avverranno le sparatorie.
“Certo, ci sono scene in cui si inquadrano i dettagli del caricamento di un’arma con cartucce integre non a salve, ma poi subito dopo viene effettuato lo svuotamento. Si tratta comunque di pallottole inermi in gergo cinematografico dummy. Tra l’altro talvolta le pistole usate in scena non fanno nemmeno rumore – spiega Ragusa – le cartucce a salve sono prodotte industrialmente quindi non c’è nulla di artigianale nel prepararle e anche se non ci sono pallottole vere in canna noi consigliamo sempre di non puntare verso altri o addosso a se stessi un’arma caricata a salve. Tra spostamento d’aria e pezzetti che possono volare via si rischia di farsi molto male”.
In scena poi la responsabilità delle armi da usare spetta all’armiere: “Oramai tutti gli attori quando vanno in scena lo chiedono sempre senza che tu gli dica nulla: ma la pistola è carica? Io comunque ripeto a tutti il consiglio: ‘fai sempre come se la pistola fosse carica’”. Infine il caso Baldwin. “Negli Stati Uniti è tutto molto più libero e va aggiunta la questione che riguarda il porto d’armi”, afferma Edoardo Mori, giudice in pensione ed esperto di legislazione e collezionismo delle armi, parlando al Fatto. “È altamente probabile che girino armi che usano abitualmente anche se antiche, proprio perché il porto d’armi è diffuso tra i cittadini più comuni”. Entrambi gli esperti sottolineano che una pistola non trattata come un revolver a tamburo potrebbe finire in mezzo ad armi di scena. Solo un’ipotesi visto ciò che è successo su un set “western” come quello di Rust. Situazione, appunto, impossibile da verificarsi in un set italiano perché, chiosa Ragusa: “Il rischio zero rispetto ad incidenti gravi o addirittura mortali non esiste mai, però in Italia vengono usate solo armi ‘trattate’ e un caso come quello accaduto negli Stati Uniti è pressoché impossibile che si verifichi”.