di Giuseppe Ungherese*
Un ideale grido di giubilo ha accolto l’ennesimo rinvio della Plastic tax. La decisione del governo Draghi, arrivata nei giorni scorsi, è il trionfo di una pletora di associazioni e rappresentanti di industrie che hanno visto andare a segno l’incessante lavoro di lobby messo in atto nei mesi scorsi.
A fare festa Unionplast, il ramo di Confindustria del settore della gomma e della plastica, Assobibe e Mineracqua, rispettivamente le due associazioni che rappresentano il settore delle bevande analcoliche e le acque minerali, di cui l’Italia è uno dei Paesi leader al mondo per consumo. A loro si aggiunge la grande distribuzione organizzata che, con questo prezioso materiale sintetico, impacchetta milioni di prodotti che finiscono ogni giorno nelle nostre case senza darci troppe alternative.
Ma la corazzata trasversale di enti che esultano per essere riusciti a scamparla ancora una volta si estende a Coldiretti, Federalimentare, Filiera Italia e Agrinsieme. Persino il Ministro delle politiche Agricole e Forestali, Stefano Patuanelli, è entusiasta. La roboante vittoria permette agli aggressivi rappresentanti industriali di alzare la posta in gioco e chiedere al governo addirittura di abolire, una volta per tutte, la tassa voluta dal governo Conte 2.
D’altra parte, nei giorni che hanno preceduto questa decisione, le richieste del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, erano state fin troppo chiare: nessuna nuova tassa nella finanziaria in arrivo, incluse Plastic tax e Sugar tax. Il Governo non ha battuto ciglio e ha eseguito. A chi ci governa evidentemente, quindi, non importa essere a conoscenza del fatto che il riciclo non funzioni o che l’Italia, stando ai dati dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), sia seconda solo all’Egitto per immissione di plastica nel Mediterraneo. Non serve sapere che il 99% della plastica derivi da petrolio e gas fossile e che questo sarà uno dei business chiave per dare nuova linfa al settore dei combustibili fossili, già principale responsabile dell’emergenza climatica in atto. Ai nostri governanti non incute alcun timore nemmeno la scoperta di minuscoli frammenti nella placenta umana o nell’aria che respiriamo o nel cibo che mangiamo.
A loro, evidentemente, non interessa un cambiamento reale e utile ad ambiente e persone: l’importante è lasciare inalterati i modelli di business e garantire profitti elevati per tutte quelle aziende che continuano ad abusare di ingenti quantità di plastica monouso, a scapito delle persone, del pianeta e delle future generazioni.
Quest’inazione sui temi ambientali che permea i palazzi del potere è una chiara scelta politica: fare di tutto per mantenere lo status quo è una modalità che non viene scalfita da nessun allarme. E a nulla serve leggere dei nuovi provvedimenti che saranno presto introdotti dai Paesi a noi vicini. La Spagna vieterà la vendita nei supermercati di frutta e verdura confezionata entro il 2023. La Francia farà ancora meglio anticipando tale divieto a gennaio 2022.
Noi siamo quelli della (finta) transizione ecologica per cui è stato anche creato un Ministero ad hoc, nato per traghettare il Paese verso un futuro sostenibile e senza inquinamento. Peccato che, sotto lo sbandierato vessillo della transizione ecologica, il neonato Ministero e in generale il governo Draghi non siano nemmeno riusciti a trasporre nel nostro ordinamento la direttiva europea sulle plastiche monouso, la cui entrata in vigore era prevista per lo scorso luglio. Si sta invece facendo di tutto per trovare cavilli e introdurre esenzioni affinché quasi tutto resti come prima, in barba alla sostenibilità e col concreto rischio che l’Europa commini nuove sanzioni all’Italia.
Se tale disegno andrà in porto, ancoreremo industria, posti di lavoro e tutto il Paese a un modello inquinante e senza futuro. E per farlo siamo persino disposti a rischiare di pagare multe salate con soldi pubblici. D’altra parte, se ormai abbiamo etichettato questo esecutivo come il governo della Finzione Ecologica, un motivo dovrà pur esserci.
*Responsabile Campagna Inquinamento Greenpeace Italia