Quella “boutade o piuttosto incubo” a proposito di “Berlusconi for president“, segnalato da Massimo Fini lo scorso giugno sulle pagine del Fatto dopo l’uscita di Matteo Salvini, accolta con assoluta naturalezza dalla “grande” stampa e a seguire da tutto il circuito politico-mediatico, si sta materializzando ogni giorno di più.
Nessuna indignazione, nessuna incredulità, nessuno sdegno fin dall’inizio.
Ma se fino a qualche mese fa era possibile illudersi che la sottovalutazione, l’indifferenza o l’acquiescenza fossero attribuibili alla mancanza di concretezza e di attualità del pericolo, più ci si avvicina alla data fatidica dell’elezione del nuovo presidente e più si è costretti a ricredersi. L’operazione riabilitativa di Berlusconi con toni ed accenti incredibilmente celebrativi anche da parte di presunti avversari ed antagonisti di ieri e di oggi va molto oltre la nota ed ultraventennale condiscendenza di cui ha sempre beneficiato anche a “sinistra”: dal fu partito antiberlusconiano di Repubblica all’ex “nemico” Debenedetti, da Prodi che ne loda la saggezza senile e se la prende con “l’ennesima follia giudiziaria” dei magistrati del Ruby-ter fino al plateale riconoscimento di Enrico Letta per “il grande federatore del Centrodestra”.
B. è ben consapevole che la situazione complessiva è più che mai propizia: l’ascesa di Draghi al Quirinale, pressoché scontata fino a poco tempo fa, sta evaporando per il paventato “rischio caos” qualora lasciasse la presidenza del Consiglio, allarme agitato in primo luogo per evitare lo spettro del voto anticipato. Perciò da Bruxelles si è accreditato parlando di sé in terza persona come un candidato naturale per il Quirinale che gode del pieno sostegno della sua coalizione ed è stato regista fondamentale dell’attuale governo di salvezza nazionale dopo essere già stato artefice della carriera in Italia ed in Europa di Mario Draghi per il quale auspica un lungo futuro da premier: “Sarebbe un ottimo presidente della Repubblica, mi domando se il suo ruolo nel tempo non porterebbe più vantaggi al nostro paese”.
Nello stesso giorno ha pranzato con Angela Merkel ostentando una cordialità e una ritrovata sintonia che vogliono fugare gli epiteti irripetibili di un tempo e favorire una tardiva riabilitazione europea che deve procedere parallelamente all’operazione di restyling in patria da cui deve emergere come sommo pacificatore del centrodestra e perno insostituibile del governo dei migliori.
A coronamento di una giornata radiosa l’assoluzione dal reato di corruzione in atti giudiziari a Siena limitatamente ad un filone minore del Ruby-ter dove non è stata provata la corruzione di un testimone delle “cene eleganti” il pianista Danilo Mariani, già condannato il 13 maggio per falsa testimonianza. A Milano è in corso il processo principale che coinvolge 29 imputati, il signore di Arcore insieme ad una nutrita schiera di testimoni tra cui diverse ex Olgettine che hanno iniziato a parlare e a denunciare pressioni da parte dello statista che aspira al Quirinale.
Ma l’assoluzione “storica” di Siena è stata salutata dall’interessato, e garantisti al seguito, come l’ultimo ostacolo rimosso sulla strada del Colle, confidando in altre “imminenti soddisfazioni” tra cui l’improbabile accoglimento del ricorso sul processo Mediaset da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Solo inezie interessanti per i cultori più incalliti del giustizialismo, o ulteriore riprova di un accanimento giudiziario inimmaginabile anche per Kafka come ama ripetere B., le vicende giudiziarie tuttora aperte: la celebrazione a Milano e Roma (dove è stata stralciata la posizione di B. per gli “insuperabili” motivi di salute) del Ruby-ter; a Bari, del processo escort per cui Tarantini è stato condannato in via definitiva e dove è imputato di induzione a mentire; a Firenze dove nell’ambito dell’indagine sulle stragi mafiose del ’93 Giuseppe Graviano lo ha accusato di essere stato in affari con suo nonno da cui avrebbe ricevuto 20 miliardi di lire.
Ma basta fingere che non esistano, dare spazio solo ad un’assoluzione anche se totalmente discordante con una precedente condanna e battere il tasto dell’infinita persecuzione giudiziaria perpetrata da una magistratura che, purtroppo, ha contribuito attivamente al suo complessivo screditamento.
Così a circa tre mesi dall’appuntamento per l’elezione della prima carica della Repubblica, funzione rigorosamente super partes, compartecipe, nel ruolo di garante, dei poteri dello Stato e posta dalla Costituzione a presiedere il CSM, “perché siano garantite al massimo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dal potere legislativo e da quello esecutivo”, ci troviamo davanti all’incredibile ma realistica possibilità: Berlusconi, ultimo bunga bunga al Quirinale?
E quanto una simile eventualità che sembrava improponibile e inimmaginabile secondo criteri di minimo buon senso ed elementare rispetto delle istituzioni nazionali ed internazionali sia diventata una normale mossa politica e un’opzione come un’altra è confermato indirettamente anche da dettagli “marginali”. Lo stesso Giuseppe Conte, ex presidente del Consiglio, leader del M5S e insospettabile, fino a prova contraria, di simpatie berlusconiane, per fugare voci su una possibile apertura dei grillini alla candidatura di B. ha voluto recentemente precisare ad Accordi & Disaccordi : “Ho parlato al telefono con Berlusconi e l’ho trovato molto lucido. Però non è lui il candidato del M5S”. E ci mancherebbe! Ovviamente per screditare ed indebolire ulteriormente il M5S c’è una gara ad additare tra le fila grilline degli “scappati di casa”, più incollati di tutti gli altri alla poltrona, i disponibili a tutto al riparo del voto segreto.
Comunque anche se i nomi più evocati in anticipo – e vale la pena di ricordare che accanto a quello di B. circolano anche degli evergreen come Gianni Letta o Pierferdinando Casini – non sono mai i prescelti, un danno di immagine e un ulteriore colpo alla credibilità delle istituzioni e alla autorevolezza del Parlamento “il Berlusconi for president” l’ha già assestato.
E chissà, a proposito di astensione, quanti tra i superstiti elettori si domanderanno se vale la pena di ritornare a votare per eleggere dei rappresentanti che per garantirsi il più a lungo la poltrona si mettono bellamente “l’onore” sotto i piedi.