Quando ad agosto Inter-Juventus è stata sorteggiata alla nona giornata (e un po’ più in là al ritorno, alla 31esima, nel nuovo calendario asimmetrico), dopo gli scontri drammatici nel finale degli ultimi campionati, come l’anno scorso (Juve in Champions grazie al rigore su Cuadrado allo scadere) e nel 2018 (scudetto ai bianconeri grazie al gol nel recupero di Higuain), si pensava che stavolta il derby d’Italia sarebbe stata una partita come tante no, ma quantomeno interlocutoria. Invece è stata già uno spareggio anticipato. Con soli sconfitti.
Per motivi diversi, entrambe sono arrivate allo scontro diretto come quasi all’ultima chiamata, solo già ad ottobre. Meno otto dalla vetta i nerazzurri, addirittura meno unidici i bianconeri, con troppo attacco o solo difesa, idee confuse, rifondazioni tecniche complicate. E l’1-1 finale è il classico punto ciascuno che non accontenta nessuno. Il risultato peggiore possibile per entrambe, che arriva dopo la peggior partita possibile per entrambe. Hanno voglia Inzaghi e Allegri a dire che la prestazione è stata buona, che è mancata solo la vittoria o per come si era messa è un buon pareggio. Frasi di circostanze. La verità è che Inter-Juve è stato un pessimo spettacolo, poche emozioni, zero tiri in porta, tantissimi errori e i soliti difetti, che continuano a condizionare sempre più pesantemente il campionato delle due squadre.
Inter e Juve hanno giocato un tempo a testa, o forse è meglio dire che hanno regalato un tempo a testa. Il primo è stato tutto nerazzurro: pressione continua, il gol (un po’ casuale) di Dzeko, poche occasioni concrete ma comunque un dominio. La Juve, però, non c’era, e non c’era per colpa sua, per colpa di Allegri che ha relegato in panchina Dybala e soprattutto Chiesa, i suoi unici due uomini di qualità, per mettere Kulusevski in marcatura a uomo su Brozovic, in nome di quel catenaccio a cui sembra aver votato ormai definitivamente la sua carriera. Una mossa da piccola provinciale, qual è stata appunto la Juventus per 45 minuti a San Siro, una brutta figura anche per la storia del club.
Nella ripresa (e con i cambi, non a caso) i bianconeri sono cresciuti. Ma anche qui, è sparita l’Inter. Che inspiegabilmente ha smesso di giocare, consegnandosi agli avversari (che hanno combinato pochino) e soprattutto al destino, perché quando non hai l’attitudine e la fortuna della grande squadre (e questa Inter non sembra averla più) arriva sempre l’episodio che ti castiga. In questo caso, aveva le movenze sgraziate di Dumfries. Certo, Inzaghi può recriminare per il fatto di non aver rischiato praticamente nulla e per il rigore (meglio definirlo “rigorino”) assegnato dal Var per un contatto tanto evidente quanto veniale. Ma sarebbe davvero un errore prendersela con l’arbitro e non con se stessi, dopo un secondo tempo del genere.
La partita era decisiva perché la giornata era decisiva: col Napoli bloccato a Roma e ora primo a pari merito col Milan, Inter e Juventus scivolano rispettivamente a -7 e -10 punti in classifica dalla vetta. Sono già tanti, ma sembrano tantissimi soprattutto per i problemi che hanno le due squadre: semplicemente, due squadre che oggi non sono da scudetto. Erano le due favorite, ma una non ha più solidità e autostima, l’altra un briciolo di gioco e di idee. Dopo solo nove giornate il campionato è ancora lungo e di rimonte anche più clamorose se ne sono viste tante. Ma la classifica ormai pone a tutti la stessa domanda, se Inter e Juve siano già fuori dalla corsa scudetto. La risposta è: sì, se giocano così.