Si chiudono in via definitiva le porte dell’Aeronautica militare per Giulia Schiff, l’ex allieva ufficiale pilota che nel 2019 aveva denunciato di essere stata vittima di atti di nonnismo avvenuti nel corso del “battesimo del volo”: per questa vicenda sono sotto processo otto sergenti del 70esimo Stormo dell’Aeronautica di Latina, che devono rispondere di lesioni personali pluriaggravate in concorso. Dopo il Tar del Lazio, anche il Consiglio di Stato le ha dato torto, dichiarando infondato il suo ricorso contro l’espulsione dalla forza armata e condannandola anche al pagamento delle spese processuali.
Nel 2019 l’Aeronautica aveva emesso una motivazione a conclusione del suo corso di formazione: “Inattitudine militare e professionale”. La 22enne originaria di Mira (Venezia), ci aveva visto una ritorsione per non aver condiviso le pratiche in uso dopo il conseguimento del brevetto di pilota, cioè proprio quel battesimo del volo che a lei era toccato nell’aprile del 2018. Secondo l’accusa mossa dalla procura militare agli otto sergenti sotto processo, la ragazza era stata colpita con violenza sul fondoschiena con fustelli di legno, dopo essere stata sollevata da terra e tenuta ferma per le gambe e le braccia. Le era stata fatta urtare la testa contro una semiala e infine era stata gettata in piscina. Una sequenza immortalata in un video in cui si sente lei urlare “mi fate male” e piangere.
A riprova che l’espulsione era il frutto di un atteggiamento vessatorio nei propri confronti Schiff, attraverso i suoi difensori, aveva fatto notare ai giudici amministrativi che nessuna azione disciplinare era intervenuta nei confronti degli autori delle lesioni, mentre erano aumentate le sanzioni dei superiori nei suoi confronti. I magistrati però non sono convinti. Se già i giudici del Tar del Lazio avevano ritenuto questa un’ “affermazione apodittica non supportata da alcun concreto elemento probatorio”, anche la Seconda sezione del Consiglio di Stato ha escluso “volontà ritorsive” dietro l’espulsione. E i giudici di Palazzo Spada (dove ha sede il Consiglio di Stato) hanno anche voluto rimarcare che i “fatti oggetto di accertamento nell’ambito di un procedimento penale non possono essere assunti acriticamente come certi nel giudizio amministrativo”.