Le operaie devono restituire soldi all’azienda per un errore commesso in uno stabilimento ortofrutticolo? La proprietà ha deciso di rivalersi facendole lavorare in orario straordinario. E così otto dipendenti timbrano il cartellino d’uscita alle 15.30, ma continuano a prestare la loro opera per un’altra ora e mezza. L’episodio è stato denunciato dalla Federazione Lavoratori Agro Industria della Cgil e dalla Federazione Agricola Alimentare ambientale Industriale della Cisl. Le due organizzazioni sindacali contestano il comportamento della Società Frutticoltori Trento (Sft). Elisa Cattani, segretaria Flai Cgil, ha spiegato: “A queste lavoratrici è stato imposto dalla direzione di timbrare l’uscita alle 15.30 per tornare al lavoro fino alle 17, senza retribuzione”. Fatia Negri, della Fai, aggiunge: “È un sistema punitivo, inammissibile e illegale, che va contro tutte le regole sancite dallo Statuto dei lavoratori e per noi inaccettabile”.

La materia del contendere è una partita di mele. Arrivata al cliente, sarebbe stata contestata perché non conforme. La frutta risultava danneggiata. Si è così proceduto ai controlli e in quel momento, stando alla versione sindacale, sarebbe scattato il meccanismo del lavoro senza retribuzione. In realtà la fornitura era stata completata da una squadra, non da una singola persona. La direzione aziendale, grazie alla tracciabilità della merce, è risalita a chi si era occupata di confezionare e controllare la partita di mele. “Alle otto lavoratrici della linea di produzione in cui si è verificato l’errore – ha spiegato Cattani ai giornali locali – è stato imposto dalla direzione di timbrare l’uscita alle 15.30 e poi tornare al lavoro”.

“Non c’è stata nessuna contestazione scritta, nessun coinvolgimento del sindacato e quel che è peggio sono state punite in modo per noi illegale otto operaie senza alcuna certezza che siano le reali responsabili dell’errore. Questo è un comportamento repressivo, che punta ad alimentare un clima di paura e tensione nello stabilimento”, denunciano i sindacati in una nota. Ricordano che i contratti di lavoro, in caso di fatti gravi, richiedono una contestazione scritta dell’addebito, per consentire al lavoratore di difendersi. La procedura non sarebbe stata seguita. “Credono di poter derogare a leggi e contratti imponendo un sistema in cui non valgono le regole condivise. E così hanno umiliato le lavoratrici. Ci chiediamo se soci e ufficio sindacale della Cooperazione siano a conoscenza di questi metodi. Se così è, ci aspettiamo una condanna formale. Agiremo in tutte le sedi, queste operaie sono state ricattate e non avevano alcuna copertura assicurativa per le ore in più che hanno fatto: questo si chiama lavoro nero”.

Ad aprile l’azienda di Romagnano, che si trova in comune di Trento, era stata al centro di un caso simile che aveva portato a uno sciopero di due giorni da parte di una quarantina di lavoratrici. Una di loro era stata sospesa per due giorni, mentre altre cinque avevano ricevuto una lettera di richiamo. In quella occasione, il direttore generale Massimiliano Govoni aveva dichiarato a L’Adige: “Le lavoratrici non hanno selezionato adeguatamente, attivamente, le mele sulla loro linea di lavorazione attuando una forma volontaria di ostruzione, pilotata da qualcuno. Abbiamo contato i chilogrammi selezionati e confrontato i dati: le lavoratrici hanno eliminato un volume di prodotto di gran lunga inferiore rispetto ad addetti che lavorino normalmente”. La replica delle addette: le mele arrivate sulla linea di produzione erano già di terza scelta.

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