Tra il trasferimento (e ritorno) del processo a Roma e la mancanza di personale, finisce senza una sentenza il primo filone del procedimento a carico dei vertici della banca che ha mandato sul lastrico decine di migliaia di risparmiatori. “Se avessimo avuto più risorse, più personale, il processo si poteva fare prima", commenta con rammarico il sostituto procuratore Massimo De Bortoli
“La prescrizione del reato di aggiotaggio è il fallimento dello Stato”. Il sostituto procuratore Massimo De Bortoli è il pubblico ministero nel processo in corso a Treviso per il crack di Veneto Banca, che ha mandato sul lastrico decine di migliaia di risparmiatori. Con queste parole amare commenta, in una pausa dell’udienza, il fatto che il 26 ottobre uno dei reati di uno dei procedimenti a carico dell’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli venga cancellato dal troppo tempo trascorso. “Se avessimo avuto più risorse, il processo si poteva fare prima. Se io, per più di un anno, non avessi dovuto fare il procuratore facente funzioni, si poteva fare prima. Se avessimo avuto più personale amministrativo, più magistrati, si poteva fare prima. Ma se mancano le risorse è evidente che questi sono i tempi. Poi c’è stato il disguido del processo andato e tornato da Roma. È un fallimento dello Stato”.
Se uno dei reati cade ora, per gli altri non si tratta che attendere il 25 dicembre e la prescrizione colpirà anche le accuse di ostacolo alla vigilanza e di falso in prospetto. Questi sono i tempi della prescrizione previsti dal Codice che dimostrano di valere come patente di impunità quando i casi sono complessi e le parti civili numerose. In questo caso, poi, gli incartamenti finirono a Roma, che però si dichiarò incompetente, rimandandoli in Veneto. Il magistrato ha spiegato: “A Treviso siamo dieci sostituti su 13 della pianta organica, non abbiamo il procuratore, abbiamo carenza di personale amministrativo e carenze di personale di polizia giudiziaria. Siamo un Tribunale piccolo, anche come giudici. I giudici penali sono troppo pochi e più di così non possono fare. Per poter svolgere questo processo, hanno rinviato udienze al 2023”. De Bortoli aveva lanciato un appello all’inizio dell’anno. “A febbraio avevo chiesto la copertura di due posti da sostituto, non ho avuto risposta. Dovevamo avere di diritto anche un procuratore aggiunto che invece, all’ultimo momento, il ministero ha dato a Venezia che adesso ne ha tre e noi nemmeno uno. Siamo stati bistrattati”.
Intanto il dibattimento continua. Consoli ha dichiarato: “Voglio farmi interrogare per poter replicare alle tante falsità che ho sentito”. L’avvocato Ermenegildo Costabile, che lo assiste, non considera la prescrizione una vittoria: “Tra i miei parametri non c’è l’asticella che dice quando si consuma un’accusa, ci sono altri parametri, ad esempio i testimoni da portare in aula”.
All’esterno del Tribunale ha manifestato un gruppetto di persone, con al collo cartelli con la scritta “Risparmiatore veneto” e “Giustizia negata”. “Dobbiamo commentare con amarezza le tante speranze tradite – dice l’avvocato Andrea Arman, presidente del Coordinamento Don Torta – Dispiace non riuscire a ricostruire la storia vera di questi crac”. E spiega che il Fir, il Fondo indennizzo risparmiatori, a fronte di 100mila pratiche ne ha evase solo 40mila.
Se l’esito di questo primo processo appare segnato, sono aperti altri due filoni. Quello per associazione per delinquere finalizzata alla truffa (da 100 milioni di euro) a carico di un gruppo di manager della banca aveva subìto rallentamenti in estate per l’incapacità dei server di caricare la mole imponente di documenti da notificare alle difese in vista della chiusura delle indagini. Il terzo filone, relativo alla bancarotta fraudolenta, ha teoricamente le maggiori possibilità di evitare la prescrizione, ma è al momento arenato in attesa che la Cassazione decida su un ricorso riguardante la dichiarazione di stato di insolvenza della banca.