È incarcerato da due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza di Londra che doveva diventare la Guantanamo inglese: Belmarsh. Ha perso la libertà il 7 dicembre 2010: da allora non l’ha più riacquistata. Sono passati 11 anni. Domani mattina alla High Court di Londra si apre il processo di appello per decidere se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni da scontare, in tutta probabilità, nel carcere americano più estremo: l’ADX Florence, in Colorado, dove sono rinchiusi criminali del calibro del re del narcotraffico, El Chapo Guzman.
Il processo che si apre domani a Londra durerà due giorni, ma la sentenza richiederà settimane, se non mesi. Nel gennaio scorso, il giudice inglese Vanessa Baraitser aveva rigettato la richiesta di estradizione delle autorità americane solo ed esclusivamente sulla base delle condizioni di salute del fondatore di WikiLeaks.
Baraitser aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito in America e rinchiuso in una prigione tanto estrema come l’ADX Florence, sotto il regime speciale di detenzione SAM, caratterizzato da un feroce isolamento, Julian Assange potrebbe suicidarsi. Ma gli Stati Uniti hanno presentato appello contro questa sentenza di primo grado e nell’agosto scorso hanno ottenuto di rimettere in discussione lo stato di salute di Assange e, in particolare, le perizie psichiatriche della difesa che, invece, il giudice Baraitser aveva ritenuto ben fondate.
“La Cia voleva uccidere Julian Assange”
Nel processo di appello si deciderà su queste argomentazioni dell’accusa e della difesa e, forse, potrebbero giocare un ruolo anche i fatti emersi negli ultimi mesi. Come le rivelazioni di Yahoo! News che, in un’inchiesta basata su trenta fonti interne al governo e all’intelligence degli Stati Uniti, ha fatto emergere come nel 2017 la Cia – allora guidata da Mike Pompeo, nominato da Donald Trump – avesse pianificato di uccidere o anche di rapire Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks.
Questi tentativi erano già emersi attraverso la deposizione di alcuni testimoni protetti in Spagna, dove è in corso un’indagine da parte dell’autorità giudiziaria, l’Audiencia Nacional, sulla UC Global, l’azienda spagnola che il governo dell’Ecuador aveva arruolato per proteggere la sua ambasciata di Londra, subito dopo che il fondatore di WikiLeaks vi si era rifugiato nel giugno del 2012 e vi era rimasto confinato per sei anni e otto mesi.
Almeno uno dei testimoni protetti, che in passato lavorava per la UC Global, ha riferito che nel dicembre del 2017 gli americani erano così disperati che Assange rimanesse rinchiuso nell’ambasciata, al di fuori della loro portata, che discussero con il capo della UC Global, David Morales, di lasciare aperta la porta dell’edificio per permettere di rapirlo e anche la possibilità di avvelenarlo.
Queste dichiarazioni dei testimoni protetti sono al centro dell’inchiesta della magistratura spagnola sulla UC Global, a Madrid. Chi scrive è tra le persone che sono state prese di mira dalle operazioni di spionaggio: il nostro telefono è stato aperto in due, in segreto, mentre incontravamo Julian Assange nell’ambasciata, il 29 dicembre 2017, i nostri incontri sono stati filmati e registrati e i nostri dispositivi fotografati uno per uno, non è chiaro con quali finalità.
Ora le rivelazioni di Yahoo! News accreditano l’ipotesi dei tentativi dell’intelligence americana di ammazzare Julian Assange.
L’inchiesta di ARTE
In una videoinchiesta (qui la versione sottotitolata in italiano) i giornalisti del canale europeo Arte.tv scavano nel caso UC Global e, più in generale, nel processo di estradizione con cui le autorità americane cercano di trasferirlo da Londra, in cui si trova, negli Stati Uniti e processarlo per la pubblicazione dei documenti segreti del Pentagono e della diplomazia americana.
Una delle persone intervistate da Arte è Nick Vamos, ex capo della sezione estradizioni del Crown Prosecution Service: l’agenzia del governo inglese che rappresenta la pubblica accusa. Nel procedimento di estradizione che si tiene a Londra, gli Stati Uniti devono agire tramite il Crown Prosecution Service. Vamos dichiara: “Mr. Assange non viene estradato per aver fatto giornalismo, non è accusato di essere un editore, è accusato di aver commesso dei crimini. Il concetto è che nessuno è al di sopra della legge”.
Curioso che Vamos non abbia letto l’atto di rinvio a giudizio del fondatore di WikiLeaks: gli Stati Uniti ne richiedono l’estradizione proprio per aver ricevuto e pubblicato i documenti segreti sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, i cablo della diplomazia Usa, le schede dei detenuti di Guantanamo. Documenti questi che hanno permesso di rivelare crimini di guerra, torture, uccisioni stragiudiziali con i droni. Ma mentre i criminali di guerra e i torturatori non hanno fatto una sola ora di prigione, Julian Assange non ha più conosciuto la libertà, dopo averli pubblicati.
Tutte le principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, si oppongono all’estradizione. E proprio ieri il Segretario Generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti di annullare la richiesta di rinvio a giudizio, di non estradarlo e di consentire il suo rilascio immediato dalla prigione di Belmarsh.
Nell’inchiesta di Arte viene anche intervistato il capo della UC Global, David Morales, che nega assolutamente di essersi segretamente messo al servizio dell’intelligence americana negli anni in cui UC Global era responsabile della sicurezza dell’ambasciata. “Non ho mai lavorato per i servizi segreti nordamericani”, afferma Morales, che grida al complotto: “Mi hanno rovinato il futuro – dice alludendo all’inchiesta penale in cui è finito, che secondo lui è solo una strumentalizzazione della difesa di Julian Assange – per vincere il processo sull’estradizione”.
Morales nega tutto e liquida anche la denuncia di Stella Moris, la compagna del fondatore di WikiLeaks, che ha due bambini con lui, concepiti proprio nell’ambasciata, senza che la notizia delle due gravidanze fosse mai emersa pubblicamente, se non nel 2020, quando ormai Assange era in carcere a Belmarsh. Moris ha raccontato come fosse stata spiata e addirittura avvertita da uno dei lavoratori della UC Global di non portare più all’interno della sede diplomatica il primo figlio, Gabriel, perché le guardie della UC Global avevano ricevuto l’ordine di rubare uno dei suoi pannolini, nel tentativo di estrarne il Dna e stabilire che si trattasse del figlio di Julian Assange.
“Questa signora – accusa David Morales nell’inchiesta di Arte – aveva talmente tanta privacy che mentre era all’ambasciata è riuscita a concepire due figli. Strano, no?”. E commenta così la decisione di chi scrive di presentare denuncia all’autorità giudiziaria, dopo che abbiamo scoperto come i nostri incontri fossero stati filmati e il nostro telefono aperto in due: “Un’altra che crede di essere stata spiata”. E aggiunge: “Nell’ambasciata c’erano altri agenti, agenti dei servizi dell’Ecuador”.
Di fronte alle negazioni del capo della UC Global, i giornalisti di Arte hanno chiesto un parere a un ex agente dei servizi segreti francesi di nome Pierre Martinet. Come giudica il diniego risoluto di Morales, uno dell’esperienza di Martinet? “Vuole uscire vivo da questa storia – commenta l’ex agente francese – Reagisce con un trucco che è vecchio di secoli, negare fino all’ultimo”.
“C’è stata una grande cospirazione – conclude la compagna di Julian Assange -, un piano per tirarlo fuori dall’ambasciata, dove era protetto, e farlo finire in prigione, possibilmente negli Stati Uniti, per il resto della sua vita”. E aggiunge: “Il problema è che Julian non ha tempo davanti a sé, è in condizioni atroci“. Moris chiude con una dichiarazione di disperazione: “C’è il rischio che paghi con la sua vita”.
Nel processo di appello che si apre domani a Londra, fino a che punto questi fatti contribuiranno a decidere il destino del fondatore di WikiLeaks?
Media & Regime - 26 Ottobre 2021
Julian Assange, a Londra via al processo di appello sull’estradizione negli Usa. La compagna: “E’ in condizioni atroci. Rischia la vita”
La Playlist Media & Regime
È incarcerato da due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza di Londra che doveva diventare la Guantanamo inglese: Belmarsh. Ha perso la libertà il 7 dicembre 2010: da allora non l’ha più riacquistata. Sono passati 11 anni. Domani mattina alla High Court di Londra si apre il processo di appello per decidere se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni da scontare, in tutta probabilità, nel carcere americano più estremo: l’ADX Florence, in Colorado, dove sono rinchiusi criminali del calibro del re del narcotraffico, El Chapo Guzman.
Il processo che si apre domani a Londra durerà due giorni, ma la sentenza richiederà settimane, se non mesi. Nel gennaio scorso, il giudice inglese Vanessa Baraitser aveva rigettato la richiesta di estradizione delle autorità americane solo ed esclusivamente sulla base delle condizioni di salute del fondatore di WikiLeaks.
Baraitser aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito in America e rinchiuso in una prigione tanto estrema come l’ADX Florence, sotto il regime speciale di detenzione SAM, caratterizzato da un feroce isolamento, Julian Assange potrebbe suicidarsi. Ma gli Stati Uniti hanno presentato appello contro questa sentenza di primo grado e nell’agosto scorso hanno ottenuto di rimettere in discussione lo stato di salute di Assange e, in particolare, le perizie psichiatriche della difesa che, invece, il giudice Baraitser aveva ritenuto ben fondate.
“La Cia voleva uccidere Julian Assange”
Nel processo di appello si deciderà su queste argomentazioni dell’accusa e della difesa e, forse, potrebbero giocare un ruolo anche i fatti emersi negli ultimi mesi. Come le rivelazioni di Yahoo! News che, in un’inchiesta basata su trenta fonti interne al governo e all’intelligence degli Stati Uniti, ha fatto emergere come nel 2017 la Cia – allora guidata da Mike Pompeo, nominato da Donald Trump – avesse pianificato di uccidere o anche di rapire Julian Assange e altri giornalisti di WikiLeaks.
Questi tentativi erano già emersi attraverso la deposizione di alcuni testimoni protetti in Spagna, dove è in corso un’indagine da parte dell’autorità giudiziaria, l’Audiencia Nacional, sulla UC Global, l’azienda spagnola che il governo dell’Ecuador aveva arruolato per proteggere la sua ambasciata di Londra, subito dopo che il fondatore di WikiLeaks vi si era rifugiato nel giugno del 2012 e vi era rimasto confinato per sei anni e otto mesi.
Almeno uno dei testimoni protetti, che in passato lavorava per la UC Global, ha riferito che nel dicembre del 2017 gli americani erano così disperati che Assange rimanesse rinchiuso nell’ambasciata, al di fuori della loro portata, che discussero con il capo della UC Global, David Morales, di lasciare aperta la porta dell’edificio per permettere di rapirlo e anche la possibilità di avvelenarlo.
Queste dichiarazioni dei testimoni protetti sono al centro dell’inchiesta della magistratura spagnola sulla UC Global, a Madrid. Chi scrive è tra le persone che sono state prese di mira dalle operazioni di spionaggio: il nostro telefono è stato aperto in due, in segreto, mentre incontravamo Julian Assange nell’ambasciata, il 29 dicembre 2017, i nostri incontri sono stati filmati e registrati e i nostri dispositivi fotografati uno per uno, non è chiaro con quali finalità.
Ora le rivelazioni di Yahoo! News accreditano l’ipotesi dei tentativi dell’intelligence americana di ammazzare Julian Assange.
L’inchiesta di ARTE
In una videoinchiesta (qui la versione sottotitolata in italiano) i giornalisti del canale europeo Arte.tv scavano nel caso UC Global e, più in generale, nel processo di estradizione con cui le autorità americane cercano di trasferirlo da Londra, in cui si trova, negli Stati Uniti e processarlo per la pubblicazione dei documenti segreti del Pentagono e della diplomazia americana.
Una delle persone intervistate da Arte è Nick Vamos, ex capo della sezione estradizioni del Crown Prosecution Service: l’agenzia del governo inglese che rappresenta la pubblica accusa. Nel procedimento di estradizione che si tiene a Londra, gli Stati Uniti devono agire tramite il Crown Prosecution Service. Vamos dichiara: “Mr. Assange non viene estradato per aver fatto giornalismo, non è accusato di essere un editore, è accusato di aver commesso dei crimini. Il concetto è che nessuno è al di sopra della legge”.
Curioso che Vamos non abbia letto l’atto di rinvio a giudizio del fondatore di WikiLeaks: gli Stati Uniti ne richiedono l’estradizione proprio per aver ricevuto e pubblicato i documenti segreti sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, i cablo della diplomazia Usa, le schede dei detenuti di Guantanamo. Documenti questi che hanno permesso di rivelare crimini di guerra, torture, uccisioni stragiudiziali con i droni. Ma mentre i criminali di guerra e i torturatori non hanno fatto una sola ora di prigione, Julian Assange non ha più conosciuto la libertà, dopo averli pubblicati.
Tutte le principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, si oppongono all’estradizione. E proprio ieri il Segretario Generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti di annullare la richiesta di rinvio a giudizio, di non estradarlo e di consentire il suo rilascio immediato dalla prigione di Belmarsh.
Nell’inchiesta di Arte viene anche intervistato il capo della UC Global, David Morales, che nega assolutamente di essersi segretamente messo al servizio dell’intelligence americana negli anni in cui UC Global era responsabile della sicurezza dell’ambasciata. “Non ho mai lavorato per i servizi segreti nordamericani”, afferma Morales, che grida al complotto: “Mi hanno rovinato il futuro – dice alludendo all’inchiesta penale in cui è finito, che secondo lui è solo una strumentalizzazione della difesa di Julian Assange – per vincere il processo sull’estradizione”.
Morales nega tutto e liquida anche la denuncia di Stella Moris, la compagna del fondatore di WikiLeaks, che ha due bambini con lui, concepiti proprio nell’ambasciata, senza che la notizia delle due gravidanze fosse mai emersa pubblicamente, se non nel 2020, quando ormai Assange era in carcere a Belmarsh. Moris ha raccontato come fosse stata spiata e addirittura avvertita da uno dei lavoratori della UC Global di non portare più all’interno della sede diplomatica il primo figlio, Gabriel, perché le guardie della UC Global avevano ricevuto l’ordine di rubare uno dei suoi pannolini, nel tentativo di estrarne il Dna e stabilire che si trattasse del figlio di Julian Assange.
“Questa signora – accusa David Morales nell’inchiesta di Arte – aveva talmente tanta privacy che mentre era all’ambasciata è riuscita a concepire due figli. Strano, no?”. E commenta così la decisione di chi scrive di presentare denuncia all’autorità giudiziaria, dopo che abbiamo scoperto come i nostri incontri fossero stati filmati e il nostro telefono aperto in due: “Un’altra che crede di essere stata spiata”. E aggiunge: “Nell’ambasciata c’erano altri agenti, agenti dei servizi dell’Ecuador”.
Di fronte alle negazioni del capo della UC Global, i giornalisti di Arte hanno chiesto un parere a un ex agente dei servizi segreti francesi di nome Pierre Martinet. Come giudica il diniego risoluto di Morales, uno dell’esperienza di Martinet? “Vuole uscire vivo da questa storia – commenta l’ex agente francese – Reagisce con un trucco che è vecchio di secoli, negare fino all’ultimo”.
“C’è stata una grande cospirazione – conclude la compagna di Julian Assange -, un piano per tirarlo fuori dall’ambasciata, dove era protetto, e farlo finire in prigione, possibilmente negli Stati Uniti, per il resto della sua vita”. E aggiunge: “Il problema è che Julian non ha tempo davanti a sé, è in condizioni atroci“. Moris chiude con una dichiarazione di disperazione: “C’è il rischio che paghi con la sua vita”.
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Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il partito di Giorgia Meloni é nei guai fino al collo e la maggioranza spaccata platealmente come dimostra la dissociazione di Forza Italia dalla conferenza stampa dei suoi alleati. Dagli assetti europei alla guerra in Ucraina allo spionaggio con Paragon, dalle parti di Fratelli d’Italia non sanno dove girarsi e allora attaccano l’ex presidente Conte. Era evidente fin dall’inizio l’intento da parte della destra di usare a fini politici la commissione parlamentare sul Covid, ora il re è nudo”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Stamane alcuni ragazzi sulle scale di Montecitorio hanno gettato dei sacchetti con del cibo che la Gdo cestina ogni giorno per richiamare la nostra attenzione sul Giusto Prezzo e sul fatto che il cibo di qualità sia un privilegio per pochi, al contrario di quello che il Ministro dell’agricoltura Lollobrigida sostiene". Così il capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera
"Mentre solo pochi giorni fa dichiaravano sullo spreco alimentare e sull’importanza di evitarlo, oggi che fanno i Presidenti di Camera e Senato? Fontana li accusa di atti vandalici e La Russa lo ha definito un atto vile. Ma ci rendiamo conto? Questi sarebbero atti vili e vandalici? E cosa facciamo noi per alleviare le sofferenze di quei produttori che nonostante l’inflazione e il caro prezzi non ricevono soldi in più? Cosa facciamo per quei consumatori costretti a rinunciare a proteine e carboidrati, al cibo sano e sostenibile perché troppo costoso? E soprattutto cosa diciamo a dei ragazzi che ci richiamano con parole pulite e striscioni corretti a dare delle risposte concrete senza offendere nessuno?".
"La maggioranza e il governo, il ministro Lollobrigida che oggi attendiamo in Aula dovrebbero rispondere su questo non offendere dei giovani innocenti che si preoccupano giustamente del nostro e loro futuro!”.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Picierno è una signora che ogni mattina si sveglia pensando a una sciocchezza da dire sul Movimento 5 Stelle. Picierno è un'infiltrata dei fascisti nella sinistra. Chiede più guerra, più armi, più povertà, più morti: non ha nulla a che vedere con la sinistra. E' un'infiltrata dei fascisti. Cosa ha in comune con la sinistra chi chiede più armi e più povertà? Picierno lo chiede in ogni situazione". Lo ha detto l'eurodeputato M5S, Gaetano Pedullà, a L'Aria che Tira su La7.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - E' stato solo momentaneo lo stop della colata lavica di ieri pomeriggio sull'Etna. Come conferma all'Adnkronos Giuseppe Salerno, dell'Osservatorio etneo dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, "la colata lavica è attiva" e prosegue, "e attualmente c'è una eruzione in corso". La colata lavica continua così ad avanzare lentamente lungo il fianco occidentale dell'Etna in direzione Sud-Ovest, attestandosi intorno a 1.800 metri di quota.
Intanto, sui paesini intorno al vulcano continua a 'piovere' cenere lavica. È l'effetto dell'eruzione sommitale in corso sul vulcano attivo più alto d'Europa con una bocca effusiva che si è aperta, l'8 febbraio scorso, a quota 3.050 metri, alla base del cratere Bocca Nuova.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Non so se è chiara la gravità di quello che sta accadendo, ma temo proprio di no. Provo a mettere brevemente in fila i fatti per spiegarlo". Lo scrive Matteo Orfini del Pd sui social.
"Come noto, un software spia (Graphite, prodotto dalla azienda Paragon) è stato utilizzato per spiare attivisti politici e giornalisti come il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Quando è emersa la notizia il governo ha negato ogni responsabilità. Ul Guardian ha scritto che a causa dell'uso improprio l'azienda Paragon aveva sospeso il contratto col nostro paese. Il ministro Ciriani ha detto in parlamento che non era vero, e che il software era ancora pienamente operativo. Due giorni dopo le dichiarazioni di Ciriani una nota del governo comunicava la sospensione dell'uso del software stabilita d'intesa con la società che lo produce per consentire approfondimenti sulle violazioni. In realtà a quanto pare la sospensione è stata voluta dalla società produttrice a fronte di un uso improprio del software (quindi Ciriani aveva mentito al Parlamento)".
"Ma chi è in possesso del software? I servizi segreti e le varie polizie giudiziarie che operano per conto delle procure. I servizi hanno smentito risolutamente di aver utilizzato illegalmente il software per spiare giornalisti. Le procure possono utilizzarlo solo per reati gravissimi e onestamente pare assai poco realistico che il direttore di Fanpage sia sotto indagine per terrorismo internazionale. Resta dunque una sola ipotesi, ovvero che sia stato utilizzato illegalmente e autonomamente da un corpo di polizia giudiziaria. Ma quale? Praticamente tutti i corpi di polizia hanno smentito di aver utilizzato lo spyware per intercettare giornalisti e attivisti. A parte uno: la polizia penitenziaria".
"Le opposizioni hanno chiesto chiarimenti al governo che non ha risposto. Oggi alla Camera era previsto il question time, ovvero la sessione in cui i gruppi parlamentari interrogano il governo e i ministri hanno l'obbligo di rispondere. Pd e Iv avevano previsto di chiedere se la polizia penitenziaria avesse accesso o meno allo spyware in questione. Il quesito era stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera. Ieri il governo ha fatto sapere che non intende rispondere perché le informazioni sono "classificate", ovvero non divulgabili".
"E' falso -prosegue Orfini-, perché non c'è nulla di classificato nel rispondere si o no a una domanda semplice e trasparente come quella che abbiamo fatto. Sapere se la penitenziaria ha in dotazione il software è una domanda lecita a cui basta rispondere si o no. La polizia penitenziaria dipende dal ministero di giustizia di Nordio. E la delega specifica la ha Delmastro. Voi capite che visti i precedenti dei due la vicenda diventa ancora più inquietante. Un software in dotazione al governo è stato utilizzato illegalmente per spiare giornalisti e attivisti".
"Il governo invece di fare chiarezza e difendere chi è stato spiato illegalmente, sta utilizzando tutti gli strumenti possibili per insabbiare questa vicenda gravissima. E per evitare di rispondere. Il che, in tutta onestà, non fa che aumentare i dubbi e i sospetti. Ah, ovviamente la Meloni è sparita anche in questo caso".
Seul, 19 feb. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Le autorità di Seul si sono dette disponibili ad accogliere i soldati nordcoreani che sono stati catturati sul territorio ucraino mentre combattevano assieme alle truppe russe e che intendono disertare. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri della Corea del Sud in un comunicato in cui precisa che "i soldati nordcoreani sono cittadini sudcoreani secondo la Costituzione. Rispettare la volontà di questi individui è conforme al diritto internazionale".
Secondo le ultime informazioni, numerosi soldati nordcoreani sono rimasti feriti durante il conflitto, dopo essere stati schierati a sostegno della Russia nel quadro dell’accordo di difesa strategica raggiunto l’anno scorso tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un. Le autorità ucraine hanno annunciato la cattura di due soldati nordcoreani che combattevano a fianco delle truppe russe nella provincia russa di Kursk, dove Kiev ha lanciato un'operazione militare l'estate scorsa. Il governo di Kiev ha proposto di restituirli alla Corea del Nord nel caso Pyongyang fosse disposta a facilitare uno scambio con i soldati ucraini attualmente detenuti in Russia.
Da parte sua, il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha stimato che circa 4.000 soldati nordcoreani siano stati uccisi o feriti a Kursk, anche se il numero non è stato verificato. L'annuncio del governo sudcoreano arriva dopo che un soldato ha dichiarato in un'intervista al quotidiano 'Chosun Ilbo' l'intenzione di chiedere asilo alla Corea del Sud. Il ministero sostiene adesso che "non dovrebbero essere rimandati in un luogo dove potrebbero essere perseguitati".