Ci sono momenti nella vita in cui bisogna prendere posizione. Questo è uno di quelli: stanno cercando di spostare l’orario di messa in onda di Un Posto al Sole (Upas) e io, da grande appassionata, non ci dormo la notte. Non si tratta di pochi minuti: qui si parla di trasferire la soap più amata dagli italiani dal pre-serale al tardo pomeriggio, condannandola ad essere vista da un’infinitesima parte degli spettatori che la seguono ora e che sono abituati a cenare insieme a Patrizio Rispo e compagni.
Diciamolo subito: non abbiamo niente contro Lucia Annunziata. Il suo Mezz’ora in più in versione quotidiana sarebbe un valore aggiunto per Rai tre. Ma non a quell’ora. E perché? È presto detto: in quella fascia oraria gli italiani sono già sommersi da contenitori di informazione. Lasciamo stare i tiggì: sulla Rai e le reti concorrenti è pieno di talk show che in orario preserale cercano di proporre una finestra di informazione con politici e/o opinionisti che poi magari rivedremo qualche ora più tardi nei talk di punta del prime time.
Un Posto al Sole è l’alternativa a tutto questo, senza – a mio avviso – rinunciare al messaggio sociale ed essere un programma di solo intrattenimento. Non sono originale se ricordo che negli anni questa fiction ha affrontato moltissimi temi d’attualità: non solo i “soliti” argomenti – la criminalità, il disagio, la denuncia sociale – ma sono frequenti anche vicende ispirate alle cronache recenti che leggiamo sui giornali.
Penso al precariato giovanile e alla condizione dei rider: uno dei protagonisti, Diego (non poteva non essercene uno a Napoli, nda), più volte mostra la sua frustrazione nell’aver dovuto fare una scelta lavorativa inferiore alle sue ambizioni, lui che ha studiato Economia in America. E poi c’è Giulia, uno dei ruoli più longevi della soap, che lo scorso anno è stata adescata sui social network da un falso spasimante che poi le chiedeva continuamente prestiti. C’è Clara, riuscita ad uscire da una relazione tossica con Alberto Palladini, e c’è anche Susanna che si è appena svegliata dal coma dopo l’aggressione di un violento che tentava di abusare di lei.
Naturalmente resta forte anche la componente di humour: Patrizio Rispo, il volto storico della serie, il portiere del palazzo di Posillipo in cui vivono i protagonisti, così come Marzio Honorato, che interpreta Renato Poggi, vengono dalla commedia napoletana e gli echi di Totò e De Filippo nei loro battibecchi sono facilmente riconoscibili.
Solo un tema è rimasto fuori dalla trama: la pandemia. A sorpresa, credo, considerando la prontezza degli sceneggiatori (e i tempi di produzione, pazzeschi!) di Upas. All’inizio da spettatrice mi è sembrata una scelta infelice: le nostre giornate erano totalmente assorbite da quel pensiero e assistere alle storie di Palazzo Palladini, per una volta totalmente sganciate dalla realtà, suonava straniante. Ma con il passare dei mesi ho capito il perché: anche qui la soap aveva voluto adempiere al suo compito, quello di concederci mezz’ora di distrazione alla fine delle nostre faticose giornate.
Ce n’è abbastanza per dire che Upas è qualcosa di più di una semplice soap. Ha appena compiuto 25 anni ed è seguita quotidianamente pure da un insospettabile stuolo di volti noti e intellettuali (Michele Masneri sul Foglio ne ha citato qualcuno): se vi collegate su Twitter alle 20,40, trovate anche il gruppo di ascolto che commenta in diretta la puntata twittando con #upaslive. Poi certo, c’è chi storcerà il naso e considererà Un Posto al Sole solo un intrattenimento per signore di una certa età, anelando a chissà quali programmi avanguardistici sul servizio pubblico. Beh, non vedo molte proposte illuminanti in giro e forse conservare un po’ di leggerezza a quell’ora non guasta.