La pandemia sta cambiando la sessualità. In questi mesi è aumentato notevolmente il numero di ore passate su internet a causa delle restrizioni sociali anti Covid. Il web diventa sempre più lo strumento per creare occasioni di consumo sessuale. A partire dall’aumento della frequentazione di siti pornografici e scambi di contenuti. E uno dei tanti interrogativi che ci pone questa tendenza crescente è quanto la sessualità iperbolica, esagerata di questo mondo alimenti miti o false credenze. “Moltissimo. In particolare enfatizza le prestazioni maschili: tempo infinito di erezione, eiaculazione esagerata, dimensioni del pene irrealistiche”, ci risponde la professoressa Chiara Simonelli, nota psicologa e sessuologa, docente di Clinica dello sviluppo sessuale a La Sapienza di Roma. “Le femmine sono rappresentate sempre vogliose e insaziabili, disponibili a ogni pratica erotica e dall’orgasmo coitale facile, che diventa poi un mito per le giovani. Insomma, stereotipi molto lontani dalla realtà. Ricordiamoci però che la pornografia è, in prevalenza, un prodotto commerciale studiato attentamente da uomini e per gli uomini. Non che non piaccia o almeno incuriosisca le donne, ma più i soggetti sono giovani e più le distorsioni agiscono in maniera da farli sentire poco all’altezza…”.
Ci può confermare l’aumento in questo periodo di disturbi sessuali anche tra le fasce più giovani?
“Sì, sono aumentate ansia e depressione che si riverberano anche sulla sessualità. La disfunzione sessuale prevalente dei maschi in giovane età è sempre stata l’eiaculazione precoce e di certo in questi casi l’ansia non aiuta. In più, una generica ansia da prestazione può comparire anche come attacco di panico che impedisce il confronto con gli altri. Alcuni ragazzi si isolano totalmente e trascorrono le giornate su internet (sindrome di Hikikomori). L’attività erotica si concentra, talvolta ossessivamente, sull’autoerotismo. Si evita il paragone con altri maschi e la mediazione con un partner. Per le ragazze il malessere si concentra in particolare sul corpo: disturbi dell’alimentazione, non sentirsi adeguate e attraenti, paure legate alla mancata sperimentazione dell’orgasmo, perdita di autostima corporea e non, fino ad atti di autolesionismo”.
La visione di video a contenuto pornografico può essere una fonte molto forte di eccitazione, fino a creare dipendenza. Con quali risvolti psicologici nei ragazzi?
“La dipendenza si instaura quando il giovane trova vantaggi particolari nell’eludere il confronto e la complessità di una relazione. Le dipendenze sono aumentate molto in questi ultimi anni e si sono complicate parecchio unendo varie componenti: alcol, sostanze psicotrope, modalità di scambio erotico. C’è chi si ritira nell’autoerotismo e nel porno. E chi sceglie altre vie, magari di gruppo, in cui consumare sesso e droghe o praticare una sessualità più o meno rituale, in cui si stabiliscono delle regole del gioco, come nei rapporti sadomaso, dove ognuno riveste un ruolo e dove la relazione con la persona è ininfluente; anzi, meglio se si tratta di uno sconosciuto: ciò che conta è la condivisione del o dei corpi. Il risultato finale è che un incontro senza un sostegno chimico o rituale si prospetta insostenibile o angosciante. Mai come ora la relazione con un altro è stata vista come impervia o pericolosa”.
Il fenomeno del sexting, quali novità comporta nel modo di percepirsi in termini di identità?
“In pandemia è stato uno strumento per stare vicini all’altro senza rischiare. I problemi nascono sull’immagine che si vuol dare ad altri individui. È come se il soggetto che si fotografa o filma desiderasse amplificare alcuni aspetti della propria personalità erotica per essere amato/accettato. Anche qui gli stereotipi e il conformismo tipico dei giovani è evidente, insieme alla superficialità con cui immagini e filmati vanno in giro provocando talvolta tragedie vere e proprie. La verginità non è più un tabù ma permane la doppia morale: una ragazza che ha fatto molte esperienze è etichettata negativamente, un ragazzo invece è apprezzato dai coetanei”.
Il rovescio della medaglia di questo fenomeno porta a un terreno insidioso, quello del cyberbullismo.
“In alcune scuole sono stati fatti degli interventi informativi e formativi e sarebbe importante mettere in guardia tutti i giovani dal pericolo di usare o mettere in atto espressioni e azioni che provocano sofferenza, anche se non si è protagonisti dell’atto ma spettatori. La superficialità tipica dei giovani nel non valutare i rischi del proprio comportamento va contenuta dagli adulti. Occorre sviluppare l’empatia tra i gruppi di giovani, la capacità di mettersi nei panni dell’altro, della vittima che viene presa di mira da sfottò altre azioni peggiori. Purtroppo ci sono anche alle spalle di ragazzi famiglie che banalizzano questi episodi o, addirittura, dove si valorizzano i cattivi esempi. Oggi l’eroe negativo appare più attraente di quanto lo fosse ieri”.
Un altro dato in crescita è l’incremento di ragazzi che esprimono maggior incertezza sull’orientamento sessuale o nel dichiararsi omosessuali.
“Ci riferiamo in questo caso alla ‘fluidità’ dell’orientamento sessuale. Nel periodo della sperimentazione adolescenziale il processo che si innesca è quello di chiarire a se stessi la propria identità in termini generali e anche specifici, a partire dall’identità sessuale (basata su caratteristiche biologiche). Fino ad arrivare a capire che tipo di uomo o di donna si vorrà essere, il che include anche la comprensione della propria attrazione verso un sesso o l’altro. O verso nessuno. Un processo importante che in alcuni casi fa scoprire elementi non scontati o che possono non piacere alle figure di riferimento o alla società. Sono anni di conferme e disconferme molto importanti. Per qualcuno tutto fila secondo le aspettative, in altri casi invece emergono sofferenze. Pensiamo ai giovani con una disforia di genere (i transessuali, per capirci). Tutto questo processo di autoconoscenza e di verifica si svolge in un contesto sociale pieno di regole implicite che incoraggia o scoraggia certe scelte. La comunità dei pari può sostenere un punto di vista diverso oppure perseguitare la persona non allineata. Succede di tutto”.
Internet e gruppo di pari diventano le uniche vere fonti di educazione alla sessualità. È mai possibile che non si possa pensare a forme di consapevolezza più profonde, partendo dalla scuola e, magari, coinvolgendo adulti e genitori?
“Si figuri che la prima proposta di legge per l’educazione sessuale nelle scuole è datata 1902, durante un’epidemia di sifilide. Ovviamente non venne approvata. Come anche le successive, purtroppo. Nel tempo è stato possibile fare interventi più circoscritti in scuole dove presidi o insegnanti sono riusciti a coinvolgere noi esperti per affrontare tematiche più o meno specifiche. Il lavoro prezioso svolto nella scuola non è solo dare informazioni scientifiche aggiornate (basterebbe un buon libro) ma interagire con gli studenti e riflettere insieme sulle loro interazioni e difficoltà specifiche che sono sempre tante e molto interessanti. Ma c’è un paradosso: gli studenti minorenni (quasi tutti ovviamente) hanno bisogno dell’autorizzazione dei genitori per partecipare a questi incontri. E i ragazzi che non partecipano sono proprio quelli che ne avrebbero più bisogno, avendo genitori che hanno paura di affrontare questi temi. Quindi sì, coinvolgere gli adulti sarebbe una cosa importante, ma succede raramente”.