Nel giorno decisivo per un provvedimento che avrebbe aumentato le tutele delle persone Lgbt in Italia, il leader di Italia Viva ha preferito essere assente a Palazzo Madama per partecipare a un panel con il principe saudita Bin Salman in un Paese dove l'omosessualità, così come il femminismo, è considerata "idea estremista"
Il carcere e la fustigazione, con addirittura il rischio dell’esecuzione pubblica: è quello che prevede l’Arabia Saudita per gli omosessuali. Mentre il suo partito si schierava con il centrodestra per chiedere ulteriori modifiche e di fatto affossava il ddl Zan al Senato, Matteo Renzi era assente a Palazzo Madama perché impegnato a omaggiare il principe saudita Bin Salman, considerato dall’intelligence americana il mandante dell’omicidio di Jamal Khashoggi.
Nessuno può sapere con certezza chi siano i franchi tiratori che hanno votato la “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia. I renziani ora accusano Pd e M5s di non aver voluto mediare e di aver causato “prodotto una sconfitta incredibile”. È stata certamente Italia Viva, però, ad aver ritirato l’appoggio a un provvedimento che i suoi parlamentari avevano sostenuto e perfino contribuito a scrivere. Appoggiando le richieste delle destre, hanno portato alla situazione odierna. Il tutto mentre il leader del partito, il senatore Renzi, dopo aver guidato la richiesta di una trattativa, nel giorno decisivo per un provvedimento che avrebbe aumentato le tutele delle persone Lgbt in Italia, ha preferito essere assente a Palazzo Madama.
Ha voluto infatti partecipare a un panel del FII Institute, la fondazione nel cui board of trustees siede. Quindi è volato in Arabia Saudita, un Paese dove, secondo l’ultimo report di Amnesty, “si è intensificata la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione”. Un Paese dove continua a non vedersi traccia del “nuovo Rinascimento” che lo stesso Renzi ha prospettato. A Riad i diritti Lgbt non vengono nemmeno riconosciuti, anzi nel novembre 2019 un comunicato ufficiale diramato dal Dipartimento saudita per la lotta all’estremismo ha ribadito che l’omosessualità, così come il femminismo, è una “idea estremista” ed equiparabile al terrorismo.
Secondo molti report internazionali, il regime di Bin Salman resta uno dei 7 Paesi al mondo in cui è ancora prevista la pena di morte per gli omossessuali. L’ultimo dossier di Amnesty invece riporta che l’omosessualità “è rimasta vietata in Arabia Saudita, punibile con la fustigazione e la reclusione“. Ma sottolinea anche come a fine 2020 “praticamente tutti i difensori dei diritti umani dell’Arabia Saudita conosciuti all’interno del paese erano stati arrestati o incarcerati“. E questo riguarda anche chi lotta per i diritti Lgbt: il “yemenita Mohamed al-Bokari è stato condannato a 10 mesi di carcere seguiti dall’espulsione in Yemen, per accuse relative a violazione della moralità pubblica, promozione dell’omosessualità online e imitazione delle donne. Era stato arrestato dopo essere apparso in un video in cui difendeva le libertà personali delle persone Lgbti”.