Il Senato, a scrutinio segreto, ha votato a favore della “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia per il ddl Zan: ovvero si ferma l’esame del testo. A favore, 154 senatori, 131 i contrari e due astenuti. Presenti 288 senatori. La votazione, avvenuta a scrutinio segreto, è stata accolta dagli applausi dell’emiciclo: al momento di andare alla conta, nel segreto dell’urna, sono arrivati gli “aiutini” al centrodestra. Dal punto di vista politico traspare una nuova maggioranza e l’ago della bilancia non va cercato certo in un pagliaio: è già partita la corsa verso il Quirinale e Italia Viva e il suo leader vogliono contare e pesare in tutte le scelte, senza troppi scrupoli, come tutti hanno imparato a memoria. Più sul merito della legge, invece, per il provvedimento appena abbattuto, al centro di polemiche e decine di rinvii, il cammino si fa davvero difficoltoso. “Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare”, ha scritto su Twitter il deputato dem Alessandro Zan. Poco prima della votazione, intervenendo a “L’aria che tira” su La7, aveva detto: “Se passa la tagliola, la legge è morta“. Ed è proprio questo il destino a cui il provvedimento potrebbe andare incontro: approvato dalla maggioranza giallorossa compatta a novembre scorso, con l’arrivo di Draghi al governo è stato scaricato da Italia viva che ha deciso di schierarsi con la destra per chiedere ulteriori modifiche. E, come dimostrato dal voto di oggi, tra assenze e franchi tiratori, far passare la legge sembra una sfida ormai impossibile. Un precedente risale al 14 luglio scorso: la richiesta di sospendere l’esame del testo fu bocciata con lo scarto di un solo voto (136 contro 135). A fine giornata – dopo il circo di dichiarazioni a grande maggioranza italiavivaista – il commento serafico della Cei, grande protagonista della battaglia contro la legge Zan. “Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza – dice il presidente Gualtiero Bassetti – Tra l’approvazione di una normativa ambigua e la possibilità di una riflessione diretta a un confronto franco, la Chiesa sarà sempre a fianco del dialogo e della costruzione di un diritto che garantisca ogni cittadino nell’obiettivo del rispetto reciproco”.

I numeri – Ora si cerca di capire come si sono comportati i gruppi nel segreto dell’urna. Il centrodestra, che di base conta circa 135 senatori, ha potuto contare sull’aiuto di 19 senatori. Secondo fonti Pd, il centrosinistra ha avuto 16 voti in meno di quelli previsti, ma potrebbero essere un po’ di più. Gli occhi puntati sono sui renziani che a Palazzo Madama sono 16 (ma c’erano 4 assenze). Erano 288 i senatori presenti in Aula e 287 i votanti. Da quanto risulta finora ai singoli gruppi, 2 senatori della Lega erano assenti sul totale di 64 e 3 gli assenti di Forza Italia rispetto al totale di 49. Si tratta di Niccolò Ghedini, Renato Schifani e Massimo Ferro. Per Fratelli d’Italia, invece, presenti tutti i 21 senatori. Nel Pd si contano 2 assenze su 38, 4 nel gruppo di Italia viva su 16 e 2 tra gli scranni del M5s sul totale di 74. Per il gruppo delle Autonomie solo un’assenza su 8 senatori, così come per L’alternativa c’è (ex M5s, che sono oggi nel gruppo Misto): presenti 3 su 4. Tra i presenti di FI, c’è stato un voto in dissenso ‘certo’: è quello di Barbara Masini che ha spiegato in Aula: “La mia storia personale e la mia coscienza mi hanno costretto a votare contro le mozione di non passaggio agli articoli, andando anche contro il mio gruppo di riferimento”. A luglio la senatrice, protagonista di un coming out mesi prima, aveva fatto un intervento commosso in aula dicendo di essere favorevole al disegno di legge Zan, pur con alcune riserve.

Renzi “ai suoi” (come dicono le agenzie quando da Italia viva partono le veline) dice dal suo soggiorno dal principe saudita che i franchi tiratori sono stati addirittura 40, un numero che non torna granché con presenze e voti a disposizione dell’ex maggioranza giallorossa, ma ormai evidentemente vale tutto. La senatrice Teresa Bellanova, per dire, arriva a sostenere che a votare insieme alla destra sono stati anche quelli di Liberi e Uguali: secondo l’ex ministra dell’Agricoltura Loredana De Petris o Vasco Errani o chissà chi altro nel segreto ha voluto votare insieme a Ignazio La Russa.

Le reazioni: finisce tutti contro tutti – I primi a esultare sono stati i senatori del centrodestra: Lega, Fi e Fratelli d’Italia hanno accolto l’annuncio tra gli applausi in Aula. Ha festeggiato il senatore del Carroccio Matteo Salvini: “Sconfitta l’arroganza di Letta e dei 5 stelle”, ha dichiarato, “hanno detto di no a tutte le proposte di mediazione, comprese quelle formulate dal Santo Padre, dalle associazioni e da molte famiglie, e hanno affossato il ddl Zan. Ora ripartiamo dalla proposte della Lega”. Peccato che, di fatto, sarà impossibile ripartire e portare avanti una nuova legge. Soprattutto alla luce di posizioni così inconciliabili. Chi ha usato parole pressoché identiche rispetto a quelle della Lega, è stata la renziana Maria Elena Boschi: “L’arroganza di Cinque stelle e Pd ha prodotto una sconfitta incredibile, non solo per il Parlamento, che ha perso l’occasione di far approvare una legge di civiltà, ma per le tante donne e uomini che aspettavano di essere finalmente tutelati da aggressioni e discriminazioni”.

Amarezza e preoccupazione invece sul fronte del centrosinistra: il Pd ha spinto per arrivare a un voto in Aula e ora però non tutti approvano la strategia. “Hanno voluto fermare il futuro”, ha scritto su Twitter Enrico Letta, “hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà. #DdlZan”. E pure Giuseppe Conte si è unito alla linea del leader Pd: “Registriamo un passaggio a vuoto su un percorso di civiltà e di contrasto a ogni forma di discriminazione e violenza per l’orientamento sessuale. Chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese che su questi temi ha già dimostrato di essere più avanti delle aule parlamentari”. Ma non è così conciliante una delle prime firmatarie M5s: Alessandra Maiorino. “Io sono nuova al Senato, questo è il mio primo mandato e trovo tutto molto strano. Abbiamo lasciato che le cose venissero condotte da chi aveva più esperienza e credibilità di noi nel mondo Lgbt, come il Pd, e questo è stato l’esito. Mi limito a registrate questo. Sono molto amareggiata e spero che la politica cresca”. Ma anche dentro il Pd non mancano le amarezze: “Bisogna chiedere le dimissioni di chi ha gestito questa vicenda, nel gruppo e in Commissione Giustizia”, ha detto Valeria Fedeli, senatrice del Pd, uscendo dall’Aula visibilmente amareggiata. Poco dopo è stata anche raggiunta da Un giorno da percora: ha risposto in lacrime e non ha voluto andare oltre. “Pensano di aver fatto un dispetto al Pd, hanno fatto uno sfregio all’Italia. #ddlzan”, ha scritto su Twitter il capo delegazione del Pd al governo Andrea Orlando.

Le polemiche per il voto segreto – A dichiarare ammissibile il voto segreto oggi, segnando così una svolta decisiva nel percorso della legge, è stata la presidente Elisabetta Casellati. La decisione è stata contestata da Luigi Zanda (Pd), Loredana De Petris (Leu) e Gianluca Perilli (M5s): secondo i giallorossi non era giustificabile mettere il voto segreto su una richiesta procedurale, ma secondo Casellati invece era autorizzato da alcuni precedenti. Dai banchi ha protestato anche il senatore grillino Vincenzo Santangelo: “Lei è un gran maleducato, io la ammonisco”, ha detto la presidente. A quel punto si sono alzati i toni e sono partiti i cori: “Fuori, fuori”. La presidente ha quindi ammonito ancora Santangelo che, a quanto si capisce, avrebbe fatto “un gestaccio” verso lo scranno della presidente. A quel punto è iniziata la dichiarazione di voto e sulla carta sembrava che una maggioranza per bloccare la tagliola si potesse raggiungere: si sono schierati a favore Fi, Fdi e Lega, mentre contrari Pd, Leu, M5s, Autonomie e Italia viva. Peccato però che, al momento del voto, non tutti hanno rispettato le indicazioni.

Renzi assente dopo aver affossato la legge. Di Maio si schiera – Il provvedimento, che reca misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per sesso, genere o disabilità, era stato approvato alla Camera a novembre scorso dalla maggioranza giallorossa (compresa Italia viva e con 5 dissidenti Fi che votarono a favore). La caduta del governo Conte 2 ha cambiato le carte in tavola, portando i renziani a schierarsi con il centrodestra e di fatto condannando la legge a un difficilissimo iter. In Aula è assente Matteo Renzi: il senatore e leader di Italia viva, dopo aver ritirato l’appoggio a un provvedimento che i suoi hanno sostenuto e contribuito a scrivere, oggi vola in Arabia Saudita per omaggiare il principe saudita Bin Salman, considerato dall’intelligence americana il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi: parteciperà infatti a un panel del FII Institute, la fondazione nel cui board of trustees siede. Dopo aver affossato una legge per ampliare la tutela dei diritti in Italia, Renzi se ne va nel Paese degli al-Saud dove, secondo l’ultimo report di Amnesty, “si è intensificata la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione”. Si è invece presentato a Palazzo Madama Giuseppe Conte: il presidente M5s, pur non sedendo in Parlamento, è al Senato per alcuni incontri e per seguire i lavori dell’Aula. Proprio oggi, a esporsi in difesa della legge oggi c’è stato il ministro degli Esteri M5s Luigi Di Maio: “Il ddl Zan è sacrosanto e dovrebbe diventare legge in pochi minuti”, ha detto a Radio Anch’io su Rai Radio1. “Io penso che serva grande responsabilità. Questo è un disegno di legge sacrosanto dovrebbe diventare legge in pochi minuti invece sono ormai mesi e mesi che se ne discute. E’ un paese in cui ci sono ancora forti discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali. Questo non è accettabile e dobbiamo ovviamente irrigidire i meccanismi normativi per evitare che queste discriminazioni, in alcuni casi aggressioni – lo abbiamo visto durante questo anno, casi ignobili – si fermino”.

Le trattative degli ultimi giorni sono fallite perché il centrodestra e i renziani chiedono che venga snaturato il testo: chiedono che i crimini di odio non siano estesi anche alle discriminazioni sulla base dell’identità di genere e che sia tolta la possibilità di fare prevenzione nelle scuole. Lega, Fi, Fdi e Italia viva chiedono di tornare al tavolo e far ricominciare da capo l’iter della legge: ma se anche fosse, le posizioni restano troppe inconciliabili perché si arrivi a un accordo.

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