I tre Paesi, nei giorni scorsi, avevano chiesto uno stop ai progetti, dopo il conflitto esploso tra Israele e Gaza sulla scia degli scontri per gli sgomberi nel quartiere di Sheikh Jarrah. Il dipartimento di Stato Usa si era detto "profondamente preoccupato", mentre Bruxelles chiede a Tel Aviv di attenersi ai confini del 1967
Si erano opposti sia l’Unione europea che l’alleato storico statunitense, ma sugli insediamenti in Cisgiordania il governo del primo ministro Naftali Bennett ha scelto la continuità con il suo predecessore Benjamin Netanyahu: la Commissione edilizia nazionale ha infatti approvato i piani per la costruzione di 3.144 case di coloni nei Territori occupati della West Bank. Di queste, 1.344 sono state approvate mercoledì, mentre altre 1.800 otterranno il via libera nei prossimi giorni.
La decisione della commissione ignora totalmente i pareri di Unione europea, Stati Uniti e Giordania che, nei giorni scorsi, avevano chiesto uno stop ai progetti, dopo il conflitto esploso tra Israele e Gaza sulla scia degli scontri per gli sgomberi nel quartiere di Sheikh Jarrah. Il dipartimento di stato Usa si era detto “profondamente preoccupato” per il piano del governo israeliano e ha definito “inaccettabile” l’intenzione di legalizzare retroattivamente quelli già costruiti. L’Ue aveva invece chiesto all’esecutivo di fermare la costruzione degli insediamenti e di non procedere con le gare d’appalto annunciate domenica scorsa dalle autorità del Paese. Richiesta che oggi è stata disattesa. “Gli insediamenti – sottolinea una nota del Servizio europeo per l’azione esterna – sono illegali ai sensi del diritto internazionale e costituiscono un grave ostacolo al raggiungimento della soluzione dei due Stati e di una pace giusta, duratura e completa tra le parti. L’Ue ha costantemente chiarito che non riconoscerà alcuna modifica ai confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, oltre a quelle concordate da entrambe le parti”.
Condanna decisa anche da parte della Giordania che domenica, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Haitham Abou al-Foul, aveva dichiarato che queste iniziative “rappresentano una violazione del diritto internazionale e sono in contrasto con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Parole arrivate dopo che il ministero israeliano dell’edilizia aveva pubblicato un appalto per la costruzione dei 1.355 alloggi in alcuni insediamenti ebraici della Cisgiordania, fra cui la città-colonia di Ariel che sarà ampliata con 729 nuovi appartamenti. “Così come ci siamo impegnati, noi realizziamo – ha affermato il ministro dell’Edilizia Zeev Elkin in un comunicato – Il rafforzamento e l’estensione degli insediamenti ebraici in Giudea-Samaria (Cisgiordania, ndr) è di importanza primaria per il progetto sionista. Dopo un lungo periodo di congelamento delle costruzioni in Giudea-Samaria mi felicito di annunciare il nuovo appalto”.
All’inizio di ottobre, la Corte Suprema israeliana aveva di nuovo tentato di raggiungere un accordo con le famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah sullo sgombero dal quartiere per fare spazio a nuove abitazioni di cittadini israeliani. Ma come successo ad agosto, il gruppo di 28 nuclei aveva rifiutato l’offerta, ritenendola positiva solo per i coloni. La proposta assegna infatti alla società Nahalat Shimon la proprietà dei terreni dove sono state costruite le case in cui vivono i palestinesi.