Dopo le Olimpiadi di Tokyo, anche i Giochi Invernali di Pechino al via il 4 febbraio 2022 rischiano di svolgersi in uno scenario surreale. La ragione è sempre la stessa: i timori per la crescita dei contagi da Covid-19 nel Paese ospitante, la Cina, dove i nuovi focolai innescati dalla variante Delta hanno convinto gli organizzatori a stilare un protocollo rigidissimo fatto di tamponi quotidiani, percorsi separati, attività sociali ai minimi e obbligo di vaccinazione. Misure che, a cento giorni esatti dall’inizio della manifestazione, promettono di farci assistere all’ennesimo spettacolo “nella bolla”.
Come riportato da Repubblica, la prima regola delle linee guida tracciate dal governo cinese prevede l’obbligo di esporre il certificato vaccinale: atleti, giornalisti, membri dello staff dovranno quindi essere immunizzati con prima e seconda dose da almeno due settimane o non potranno mettere piede nella capitale a meno che non si sottopongano a tre settimane di quarantena blindata in hotel. E anche durante la manifestazione, tutti i presenti saranno costretti a farsi misurare la temperatura, effettuare test giornalieri e comunicarne puntualmente i risultati tramite app. Ci sono poi tutte le misure relative alla convivenza nel villaggio olimpico: si mangerà, si gareggerà e si tornerà nelle proprie stanze seguendo percorsi precisi e separati. Gli stessi tragitti saranno predisposti anche per gli spostamenti da e verso i luoghi dove si svolgeranno le diverse gare. Non solo: entro 48 ore dall’ultimo match, ogni atleta dovrà salutare i propri compagni di spedizione e fare ritorno a casa. Infine, a godersi lo spettacolo sugli spalti potrà esserci solo pubblico locale.
“Vogliamo che tutti ai Giochi siano al sicuro, ecco perché chiediamo ai partecipanti di seguire queste linee guida”, ha detto Christophe Dubi, Direttore Esecutivo dei Giochi Olimpici del Cio, il 25 ottobre, giorno in cui è stata pubblicata la guida anti-Covid per la manifestazione. “Mantenere tutti in salute assicurerà che l’attenzione rimanga sui fondamenti dei Giochi Olimpici e Paralimpici: gli atleti e lo sport”, ha aggiunto Dubi, precisando che a dicembre verrà rilasciata una seconda versione dei protocolli.
A convincere il Partito Comunista per una soluzione di questo tipo, più rigida perfino di quella adottata alle recenti olimpiadi di Tokyo, è stata la nuova ondata di casi che il Dragone si trova ad attraversare da alcune settimane. Gli ultimi dati giornalieri parlano di 43 nuove infezioni (di cui 29 locali) ma dal 17 ottobre sono già 200 i contagiati registrati nella nazione, per un totale di 12 province coinvolte. Gli episodi che destano più preoccupazione sono il cluster sviluppatosi nella città di Lanzhou, dove sono finite in lockdown 4 milioni di persone, e il focolaio esploso proprio a Pechino: almeno 17 gli infetti, sale giochi e altri esercizi commerciali chiusi, residenti invitati a non lasciare la città, controlli sanitari per chi ci arriva dall’esterno e persino la decisione di rinviare “a data da definirsi” la maratona di Pechino in programma per il 31 ottobre.
Preoccupazioni, quelle del governo guidato dal presidente Xi Jinping, che alcuni non esitano a definire eccessive. La Cina ha già vaccinato il 76% della popolazione, per un totale di circa 2,24 miliardi di iniezioni effettuate, e molte città hanno iniziato a distribuire la terza dose, specie a chi aveva ricevuto le prime due più di sei mesi fa. Alla luce di questi numeri, il problema potrebbe quindi risiedere nella minor efficacia dei vaccini locali (Sinovac al 51% e Sinopharma al 79%), una circostanza che avrebbe convinto le stesse autorità cinesi a non fare troppo affidamento sulla sola campagna di immunizzazione. Per lo stesso motivo, non si esclude che la strategia di chiusura prosegua anche oltre la fine dei Giochi, prevista per il 20 febbraio.