La fine dello smart working non va giù ai dipendenti pubblici, che per l’intera giornata del 28 ottobre hanno organizzato uno sciopero nazionale in risposta al decreto voluto dal ministro Renato Brunetta per ripristinare il lavoro in ufficio nelle aziende statali. Una manifestazione indetta dalla neonata associazione sindacale Smart Workers Union, che ha invitato il personale amministrativo, informatico e con mansioni remotizzabili e telelavorabili a contestare la misura. Tra i lavoratori coinvolti anche quelli del comparto scuola, compresi gli insegnanti in regime di didattica a distanza.

“Gli atti normativi predisposti dal ministro non sono in linea con la digitalizzazione della Pa, non favoriscono il benessere dei lavoratori pubblici non conciliando i tempi di vita e di lavoro e contribuiscono ad aumentare le emissioni di CO2 nel Paese”, si legge nell’atto di proclamazione del sindacato. Che prosegue: “Per noi il lavoro digitale e remotizzabile rappresenta un vero e proprio stile di vita da diffondere e mettere in pratica nell’immediato futuro. Vogliamo una società con un basso impatto ambientale, con meno smog, meno pendolarismo e meno ore perse nel traffico“. Come spiega la sigla, il presidio nasce soprattutto dalla volontà di contrastare il decreto firmato a inizio ottobre da Brunetta, che punta a far rientrare in ufficio gli statali sulla base di turni e lavoro ibrido entro fine mese. Lo smart working “ordinario”, dopo la fase di emergenza pandemica, dovrà essere disciplinato dalla contrattazione collettiva in vista del rinnovo del contratto delle Funzioni centrali.

Smart Workers Union è stata istituita nel 2020 con l’obiettivo di rappresentare in modo trasversale i lavoratori agili: sia nel pubblico impiego che nel privato, sia dipendenti che autonomi. “Siamo agli inizi, il nostro obiettivo è dare voce al disagio di chi ha dimostrato come sia possibile un modo di lavorare più compatibile con gli impegni personali e al contempo più produttivo”, ha detto al Corriere della Sera il fondatore Gilberto Gini. Che ha aggiunto: “Oggi le linee guida che limitano lo smart working nella Pa solo a chi viene dotato di mezzi dell’azienda viene considerata da molti una punizione”. “Una percezione forte soprattutto nei settori e negli uffici dove proprio la messa a disposizione del proprio dispositivo e della propria connessione ha garantito il servizio ai cittadini durante la pandemia”, ha concluso.

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