È impegnata da sempre sui diritti umani anche se non è solita rilasciare interviste. Stavolta l’ha fatto. Dopo quanto accaduto con il Ddl Zan, Paola Turci non poteva tacere: “Ho trovato gli applausi e gli sfottò delle espressioni miserabili, indegne di un popolo che si definisce democratico e civile – ha detto a La Stampa – I diritti umani sono di tutti ed è stato davvero penoso assistere a quello spettacolo. Alcuni partiti si definiscono liberali ma mi sa che non lo sono affatto. Anzi siamo sempre più allineati ai paesi europei autoritari. Alla Russia, alla Turchia dove vigono sistemi nei quali non mi riconosco”. Ancora: “A questo disegno di legge è stata data un’appartenenza politica ma in realtà non è così e ci siamo cascati un po’ tutti. Questa è stata una battaglia di civiltà che non coinvolge solo una parte di noi e questo molti miei colleghi non l’hanno colto e hanno pensato che schierandosi si sarebbero dati un marchio politico. Sui social poi se dici una cosa automaticamente sei schierata, ma tutto viene vissuto in modo superficiale. Persone come Fedez fanno sempre bene ad esporsi e a dire qualcosa e a impegnarsi. Per me l’impegno civile vale la nostra vita”. Un voto, quello sul Ddl Zan, che “va contro la Costituzione ma anche contro la nostra stessa conoscenza”. E uno sguardo ai ragazzi: “Oggi mia nipote mi ha chiamato per dire che era dispiaciutissima. Le nuove generazioni sono più coerenti rispetto a noi “grandi” e tuttavia penso che l’Italia non sia omofoba ma ci sia una piccola parte che lo è; quello che abbiamo visto oggi non è il Paese reale”.
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