Stadio Castellani, 32’ del primo tempo: il punteggio è ancora sullo 0-0, l’Inter, non certo nel suo momento migliore, fatica sul campo del piccolo ma ben organizzato Empoli. Su un’imbucata innocua in mezzo all’area, D’Ambrosio copre in diagonale ma colpisce in modo imprudente la gamba di Bajrami. La scena ha un non so che di déjà vu? Non è solo un’impressione: l’episodio è praticamente identico al chiacchieratissimo rigore fischiato contro Dumfries al 90’, che ha permesso alla Juventus di pareggiare a San Siro domenica tra le polemiche. Solo che stavolta la decisione dell’arbitro è stata diversa.
Ci sarebbe da stupirsi, indignarsi per la disomogeneità dei fischi arbitrali, ma in fondo non è difficile capirne il motivo. Immaginate il polverone mediatico, le proteste dei tifosi, il piagnisteo di Inzaghi, se di nuovo il direttore di gara fosse tornato al monitor per punire un tocco tanto netto quanto veniale. E se magari per quel colpa di quel rigore l’Inter non avesse vinto la partita. Apriti cielo: non poteva succedere due volte in tre giorni. Infatti non è successo.
L’arbitro Chiffi ha fatto proseguire l’azione, si è fermato per qualche secondo quando la palla è uscita, ha ignorato le proteste neanche troppo convinte dei giocatori toscani (ma del resto, non lo erano state nemmeno quelle della Juve) e ha fatto riprendere tranquillamente il gioco. La partita poi è scivolata via sui binari previsti: l’Inter ha vinto con merito, quasi in scioltezza. L’Empoli ha perso, non certo per colpa dell’arbitro. Ma come sarebbe andata a parti inverse? In fondo, sono proprio gli episodi a cambiare la storia dei match: in quel momento il punteggio era ancora inchiodato sullo 0-0 e subito dopo è arrivato il gol del vantaggio nerazzurro, firmato proprio da D’Ambrosio. Nel giro di una manciata di secondi si è passati da una situazione di potenziale 1-0, allo 0-1 che ha indirizzato il risultato. Ma stavolta non ci saranno fiumi di polemiche, domani nessuno si ricorderà più di quel mezzo rigore che poteva cambiare la partita e non l’ha fatto.
Se mettiamo a confronto i due episodi, probabilmente la decisione più giusta è stata proprio quella di Empoli. Sia a termini di regolamento, perché come noto il Var dovrebbe intervenire solo di fronte a “chiaro ed evidente errore”. Sia soprattutto per lo spirito del gioco, perché la tecnologia serve ad evitare le ingiustizie, ad esempio un risultato viziato da un abbaglio dell’arbitro, non a crearne delle altre in nome di una fiscalità capziosa, come assegnare un rigore per un tocco indiscutibile che non ha condizionato l’azione. Ma non è questo il punto. Il punto è che ancora una volta, ma stavolta nel giro di poche ore, la classe arbitrale italiana si dimostra inaffidabile, incapace di mantenere uniformità di giudizio. E quindi poco credibile, perché non ci potrà mai essere fiducia fino a quando gli stessi episodi verranno giudicati diversamente a seconda degli arbitri e delle squadre in campo.
Nel caso specifico, l’impressione un po’ sgradevole è stata che per tutto il corso della gara, anche ad esempio nella severissima espulsione di Ricci, l’arbitro abbia voluto favorire l’Inter, o comunque non danneggiarla. Un occhio di riguardo per chi vantava un credito, o quantomeno pensava di averlo dopo le polemiche di San Siro. Il fastidioso vizio della compensazione che gli arbitri italiani proprio non riescono a scrollarsi di dosso, specie quando si sentono in torto di fronte a una grande. Insomma, la solita storia del pesce grosso che mangia il pesce piccolo: lo stesso rigore si dà alla Juve contro l’Inter, non all’Empoli contro l’Inter. Tutto ciò che avrebbe dovuto finire grazie al Var. Ma non con il Var all’italiana, dove l’arbitro resta il giudice supremo e imperscrutabile del gioco. E alla fine paga sempre il più debole. In questo caso, l’Empoli.
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