Si tratterebbe della chiusura dell'ultimo sito italiano della società, che in primavera aveva garantito un piano di rilancio che invece non è mai arrivato. Per i rappresentanti dei lavoratori si tratta di una scelta "scellerata" e quella dell'azienda viene definita una decisione "pianificata da tempo" e che "fino ad oggi si erano ben guardati dal confermare"
Ancora qualche mese e Ideal Standard chiuderà i portoni dello stabilimento di Trichiana, nel Bellunese. A rischio ci sono 450 posti di lavoro, senza contare l’indotto. Alla base della decisione della multinazionale belga dei sanitari ci sarebbero i costi di produzione dei pezzi prodotti nel sito veneto, giudicati dal management alti e scarsamente competitivi. I sindacati, appresa la notizia durante il vertice di mercoledì al ministero dello Sviluppo economico, hanno proclamato mercoledì 16 ore di sciopero e un picchetto all’esterno della fabbrica.
Si tratterebbe della chiusura dell’ultimo sito italiano della società, che in primavera aveva garantito un piano di rilancio che invece non è mai arrivato. Per i rappresentanti dei lavoratori si tratta di una scelta “scellerata” e quella dell’azienda viene definita una decisione “pianificata da tempo” e che “fino ad oggi si erano ben guardati dal confermare”, dicono Femca Cisl, Filctem Cgil, Uiltec Uil.
“L’azione speculativa della proprietà di Ideal Standard, un fondo finanziario, ha già prodotto nel nostro paese la chiusura di altri 4 siti, con il drammatico licenziamento di centinaia di lavoratori e a questo scempio vuole aggiungere anche 500 lavoratori del sito produttivo di Trichiana, una vera e propria mattanza che rischia coinvolgere anche il polo logistico di Brescia e il commerciale di Milano”, affermano i sindacati in una nota unitaria.
“In sede ministeriale – proseguono i sindacati – abbiamo invitato l’azienda a ripensare la propria decisione, in alternativa abbiamo proposto di attivare la procedura per la cessione del sito produttivo e del marchio, da programmare in tempi congrui per la ricerca di potenziali aziende del settore o imprenditori in grado di garantire l’asset industriale e gli attuali livelli occupazionali”. Un percorso che, spiegano i rappresentanti dei lavoratori, dovrà avvenire senza soluzione della continuità produttiva. L’azienda si è mostrata possibilista e per questo sono stati fissati nuovi incontri il 5 novembre in Regione Veneto e il 17 novembre al Mise.