“Come viceministro responsabile per la Cooperazione allo Sviluppo non posso che esprimere preoccupazione per la designazione da parte israeliana di 6 ong palestinesi umanitarie e di difesa dei diritti fondamentali come ‘organizzazioni terroristiche’. Molte di queste organizzazioni intrattengono fruttuosi rapporti di collaborazione con numerosi Paesi donatori, inclusa l’Italia, per l’attuazione di progetti di cooperazione allo sviluppo e di assistenza umanitaria. L’Italia ritiene che il ruolo delle organizzazioni della società civile sia fondamentale e irrinunciabile nella promozione dei diritti umani e dei valori democratici”. È dura la reazione della viceministra degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Marina Sereni, dopo la decisione del governo d’Israele di dichiarare organizzazioni terroristiche sei organizzazioni non governative palestinesi impegnate nella difesa dei diritti umani.
Sahar Francis è la direttrice di Addamer Prisoner Support and Human Rights Association, organizzazione non governativa che fornisce un supporto legale e sociale ai prigionieri politici palestinesi e alle loro famiglie. Da venerdì 20 ottobre, l’organizzazione da lei guidata è una di quelle finite nel mirino del governo israeliano e Francis, come tutti i suoi colleghi, rischia di essere arrestata da un momento all’altro. “Questa decisione mostra l’atteggiamento fascista che il governo israeliano ha assunto, usando argomentazioni anti-terrorismo nei confronti delle organizzazioni per i diritti umani. L’obiettivo è metterle a tacere sui crimini di guerra e contro l’umanità che si stanno commettendo in modo sistematico ogni giorno negli Otp (Territori Occupati della Palestina, ndr)”, dice a Ilfattoquotidiano.it.
Il 22 ottobre, infatti, il ministero della Difesa israeliano ha emesso un ordine militare in cui dichiara fuorilegge sei organizzazioni non governative attive nella difesa dei diritti umani in Palestina. Insieme ad Addamer, anche Al Haq, una delle più antiche organizzazioni per i diritti umani nei territori contesi fra Israele e Palestina, Defense of Children International-Palestine (DCI-P), il Bisan Center for research and Development, lo Union of Palestinian Women’s Committees e lo Union of Agricultural Work Committees. L’accusa che viene mossa ai difensori dei diritti umani è quella di formare “una rete di organizzazioni attive sotto copertura sul fronte internazionale” per conto del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP), organizzazione politica armata palestinese dichiarata organizzazione terroristica da Canada, Stati Uniti e Unione europea. Le sei ong, secondo quanto affermato dal governo israeliano, avrebbero sostenuto economicamente e con la propria attività il FPLP. Le prove di queste accuse, però, sono secretate.
“C’è una rete di organizzazioni, tra cui NGO monitor, che da anni lavora per la fabbricazione di dossier volti ad andare a colpire quello che resta della resistenza non violenta in Palestina. Queste sono ong ma di fatto non lo sono perché lavorano in totale sinergia con il governo israeliano”, dice a Ilfattoquotidiano.it Nicola Perugini, docente di Relazioni Internazionali all’università di Edimburgo.
La NGO monitor è un’organizzazione formata da membri della società civile israeliana che raccoglie informazioni sulle attività svolte da molte ong palestinesi, muovendo a volte accuse che non sono fondate. Come nel caso di Mohammed El Halabi, capo ufficio a Gaza di World Vision – organizzazione umanitaria di stampo cristiano -, accusato di aver deviato il 60% degli aiuti internazionali a beneficio Hamas per finanziare la guerra contro Israele. Nel suo caso, le prove sembrano sostanzialmente mancare.
Nel sito di NGO monitor, le associazioni palestinesi sono schedate: vengono indicate le attività illecite che hanno svolto e indicati i loro finanziatori. Fra quest’ultimi, spicca l’Italia che insieme a Unione europea, Irlanda, Norvegia e Spagna, finanzia proprio una delle sei organizzazioni dichiarate fuorilegge dal governo di Tel Aviv, la Al- Haq. Solo nel 2018, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo ha elargito ad Al-Haq e alla ong Cospe (Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti) circa 446.820 euro. “Sono ong con un certo peso internazionale e che svolgono un lavoro fondamentale. Al Haq, ad esempio, prepara le prove di crimini contro l’umanità da presentare alla Corte Penale Internazionale. Tra l’altro fanno anche opposizione interna, danno fastidio e quindi bisogna farle fuori, con l’argomento che stanno vicino a dei gruppi terroristici di sinistra”, dice Perugini.
NGO monitor, pur professandosi organizzazione non governativa, sarebbe legata proprio al governo israeliano. Secondo il sito +972 Magazine, Gerald Steinberg, fondatore e presidente dell’organizzazione, è stato “consulente [per il] governo di Israele” e membro del “Comitato direttivo, Forum sull’antisemitismo, Ufficio del Primo Ministro, Governo di Israele”, come dichiarato in un suo curriculum risalente al 2004, quindi ben due anni dopo l’istituzione di NGO Monitor. Lo stesso Steinberg, sul suo profilo in lingua ebraica nel sito web di NGO Monitor, si descrive come “consulente del Ministero degli Affari Esteri israeliano”.
“Il fatto è che queste organizzazioni che fanno dossieraggio non sono organizzazioni isolate che fanno il lavoro sporco per il governo esclusivamente dentro i confini israeliani – prosegue Perugini- NGO monitor fa consulenza al Consiglio economico e sociale dei diritti umani delle Nazioni Unite, siede nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu e partecipa alle sessioni. Questi sono soggetti che vanno a delegittimare e ad etichettare come terroristi anche quel che resta della società civile e delle organizzazioni per i diritti umani palestinesi. E lo fanno da una posizione di legittimità. La comunità internazionale deve scegliere da che parte stare”.
Nel frattempo, proprio la comunità internazionale è insorta. Almeno una parte, viste le indiscrezioni sulla decisione di un probabile ripensamento da parte del governo olandese su alcuni finanziamenti.