La prima legge di Bilancio del governo Draghi porterà con sé, come anticipato, il rifinanziamento del reddito di cittadinanza con 1 miliardo di euro all’anno dal 2022 al 2029 ma anche diverse modifiche all’impianto della misura anti povertà. Cambiamenti che vanno nella direzione di incentivare l’attivazione dei beneficiari che sono in grado di lavorare (comunque una minoranza): in particolare, si vedrà togliere il sussidio chi rifiuta due offerte congrue. E per tutti i percettori occupabili dopo sei mesi scatterà un mini taglio, evidentemente simbolico, di 5 euro al mese. Durante la cabina di regia di mercoledì il Movimento 5 Stelle – che ha dovuto incassare anche lo stop al cashback – ha espresso un sì con riserva. Ma poco prima della riunione del consiglio dei ministri la viceministra all’Economia M5s Laura Castelli ha spiegato che quello in arrivo è un “rafforzamento”. Peraltro potrebbe trattarsi solo dei primi ritocchi, in attesa di cambiamenti più sostanziali per i quali si attende la presentazione del rapporto del comitato di valutazione del rdc presieduto da Chiara Saraceno.
E’ stata la stessa Castelli a riassumere, a margine del Forum Nazionale delle Telecomunicazioni, che cosa cambierà: innanzitutto “maggiori controlli in fase preventiva per prevenire gli abusi“, probabilmente consentendo all’Inps di accedere a nuove banche dati per valutare la situazione economica dei richiedenti. Il piatto forte riguarda però le politiche attive: come annunciato dieci giorni fa dal leader M5s Giuseppe Conte, accanto ai centri per l’impiego saranno coinvolte anche le agenzie per il lavoro private, cosa che dovrebbe aumentare numero e qualità delle offerte di lavoro proposte ai percettori. In più “interveniamo sulla computabilità del reddito da lavoro (in sostanza sarà più conveniente accettare anche lavori a termine)” e “introduciamo un décalage” per dare “una maggiore motivazione ad accettare le proposte”, ha detto la vice di Daniele Franco.
La bozza all’esame del cdm recita che i beneficiari “occupabili” dovranno sottoscrivere il Patto per il lavoro contestualmente all’invio della domanda di Rdc e saranno tenuti ad accettare almeno una di “due offerte” di lavoro congrue (oggi sono tre): in caso di rifiuto scatterà quindi la revoca. Stando alle regole attuale, va ricordato, la proposta per essere congrua deve riguardare un posto in un raggio di 100 chilometri se si tratta della prima e si riceve il beneficio da meno di un anno (250 km se è la seconda o si è percettori da oltre un anno). L’incarico deve durare almeno tre mesi e il salario deve essere superiore agli 858 euro al mese, condizioni non scontate nel mercato del lavoro italiano.
In più, sempre stando alla bozza, solo per i soggetti occupabili il Reddito di cittadinanza dopo i primi sei mesi subirà un taglio di 5 euro al mese. Sono esclusi dal taglio i nuclei con bimbi sotto i 3 anni o con disabili gravi o non autosufficienti. La riduzione non si applica a chi riceve meno di 300 euro (moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza). Il taglio viene sospeso quanto almeno un componente del nucleo inizia a lavorare.
Poi procedure più semplici per “i progetti di inclusione dei Comuni“, quelli in cui gli enti locali possono coinvolgere gratuitamente i percettori per un massimo di 8 ore a settimana: finora sono stati poco utilizzati anche a causa di procedure troppo lunghe e complesse, come spiegato al fattoquotidiano.it da Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia e delegato per il welfare dell’Anci. La bozza della legge di Bilancio prevede che “i Comuni sono tenuti ad impiegare” in questi progetti “almeno un terzo dei percettori di RdC residenti”. Lo svolgimento di tali attività “è a titolo gratuito e non è assimilabile ad una prestazione di lavoro subordinato o parasubordinato e non comporta, comunque, l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego con le amministrazioni pubbliche”.