Referendum cannabis, consegnate le 630mila firme in Cassazione: “Unica arma contro l’immobilismo del parlamento sui diritti civili”
“Un risultato straordinario, ma non inaspettato. Questa è la risposta di fronte allo stallo, all’immobilismo e all’ipocrisia del Parlamento e al silenzio dei grandi partiti“. A rivendicarlo il Comitato promotore del Referendum cannabis legale, nel giorno della consegna di 630mila firme in Corte di Cassazione, con l’obiettivo di andare al voto la prossima primavera per chiedere la modifica dell’attuale normativa. Il quesito referendario – depositato lo scorso 7 settembre e sostenuto da associazioni come Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone, oltre che da partiti come Radicali italiani, +Europa, Sinistra Italiana, Possibile, Volt, Potere al popolo e Rifondazione comunista, propone infatti di intervenire sia sul piano della rilevanza penale per quanto riguarda le condotte legate alla cannabis, che su quello delle sanzioni amministrative in riferimento alla detenzione. “Anni di proibizionismo si sono dimostrati fallimentari. Questo non ha danneggiato le mafie che controllano il mercato delle droghe, né hanno fatto diminuire la circolazione degli stupefacenti”, ha rivendicato Riccardo Magi (+Europa).
La raccolta firme, lanciata lo scorso 11 settembre, è stata portata avanti quasi interamente online, grazie allo strumento della firma digitale. Dopo il conteggio delle firme, i quesiti passeranno al vaglio della Consulta e, se ammissibili, verrà fissata la data del referendum: “Questo è l’unico scoglio. Il timore è che la Corte costituzionale trovi altre scuse, al di là del proprio mandato di dichiarazione o meno di ammissibilità”, spiega Marco Perduca, presidente del comitato referendario. Al contrario, dal comitato non temono trappole parlamentari, evocate invece da Emma Bonino: “Non vorrei che ci si attivi per fare qualche ‘leggina truffa’ in Parlamento, per non far tenere il referendum. Siamo soltanto all’inizio della battaglia”, ha spiegato la senatrice e storica esponente radicale. Timori però ridimensionati e allontanati da Perduca: “Intanto il lavoro, per tanto tempo impantanato, è solo all’inizio. Poi la legge dovrebbe essere toccata nel senso per cui l’abbiamo toccata noi, ovvero togliendo le pene. Non mi pare che le dinamiche parlamentari vadano in questa direzione”.
Alla raccolta firme, ha precisato il comitato, hanno preso parte molti giovani, dato che oltre il 70% delle persone firmatarie ha meno di 35 anni. Le sottoscrizioni sono arrivate dalle grandi città, ma anche dai piccoli comuni, su tutto il territorio nazionale: “Un’omogeneità che sottolinea la portata e l’interesse”, hanno precisato i promotori.
“Con un
Parlamento immobile sui diritti, così come evidente anche con l’
affossamento in Senato della legge Zan, l’arma referendaria è l’unico modo con cui i cittadini possono far sentire la loro voce”, è stato ribadito. “Si può costruire un centrosinistra in grado di governare il Paese, ma su questioni come la cannabis e sui diritti civili servono scelte nette”, ha aggiunto
Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra italiana. “Se mi aspetto adesso anche da Letta e Conte parole chiare? Lo devono soprattutto ai propri elettori”, ha spiegato pure Magi. “Di fronte a un Parlamento bloccato da
veti contrapposti, questa è l’occasione di ridare la parola ai cittadini. E, dopo il loro silenzio in tempi di raccolta firme, questo referendum permetterà anche ai grandi partiti di riflettere e decidere. Altro che clic democracy”, ha concluso
Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni.