Da anni i giochi (e in particolare i videogames) non sono più soltanto tali, ma si spingono molto oltre, grazie alla sempre maggiore capacità di digitalizzare il mondo che ci circonda. Soffermandoci sugli attuali fenomeni sociali e sui nuovi modelli di business, ci si accorge infatti che la game industry, in un certo senso, ha superato il concetto di “gioco” nel senso tradizionale del termine.

Proviamo a fotografare il fenomeno, consci che esso è in continuo mutamento e che si evolverà in qualcosa che ancora non possiamo nemmeno immaginare.

Il gioco è un antichissimo fenomeno sociale legato al passatempo e allo svago, consistente in una competizione fra due o più persone, regolata da norme convenzionali e il cui esito dipende in maggiore o minor misura dall’abilità o dalla fortuna. Chiunque abbia giocato alla lotteria, a Risiko, a briscola o a calcetto con gli amici sa che la competizione ha sempre ad oggetto una posta in palio, cioè una somma di denaro o un altro premio (anche soltanto la “gloria”) che il vincitore ottiene in base all’esito del gioco cui ha partecipato.

Grazie all’evoluzione tecnologica, negli ultimi anni si è affiancato a questa modalità di gioco un nuovo dirompente modello di business, denominato “play to earn”, in cui i partecipanti guadagnano ricompense durante il tempo di gioco. Fin qui nulla di strano, se non fosse che tali premi possono essere scambiati con valute aventi corso legale ed essere spesi nella vita reale. Per quanto tempo avreste giocato a Super Mario Bros. se le monete raccolte durante il gioco fossero state convertibili in bitcoin o in euro?

Provocazione a parte, questo modello di business si è affermato anche grazie allo sviluppo di realtà virtuali estremamente accattivanti, che si avvicinano al concetto di metaverse, cioè di uno spazio online, 3D e virtuale che collega tra loro gli utenti in tutti gli aspetti della loro vita. In un futuro non così lontano, infatti, ognuno di noi potrà indossare un visore per la realtà virtuale e immergersi in un altro mondo che replica quello materiale (e va anche oltre), in cui svolgere attività sociali ed economiche in forma digitale. Basti pensare che il videogioco Roblox già ospita eventi virtuali come concerti e incontri, oppure che all’interno del noto videogioco Fortnite oltre 12 milioni di giocatori hanno partecipato al tour musicale virtuale del rapper Travis Scott.

Ciò rende i videogiochi “play to earn” davvero immersivi, perché combinano altissima qualità di gioco su piattaforme simili al metaverse con aspetti latamente imprenditoriali ed eventi sociali, che si fondono in un nuovo fenomeno culturale, non limitato all’aspetto ludico. E infatti non si tratta soltanto di e-gamers che competono tra loro, ma di un universo digitale in cui i giocatori usano il gioco anche per altre attività economiche e sociali legate alla loro vita quotidiana.

Anche se non sono essenziali in questo ambito, le criptovalute possono essere perfette per un metaverse e, in particolare, molti sviluppatori di videogiochi “play to earn” hanno intravisto questo potenziale. Le criptovalute consentono, invero, di creare un’economia digitale con diversi tipi di utility token e oggetti da collezione virtuali (NFT), nonché di certificare la proprietà di un oggetto e di trasferirne il valore.

Ad esempio, Sandbox è un mondo virtuale che consente ai giocatori di costruire, possedere e monetizzare le loro esperienze di gioco sulla blockchain di Ethereum. I giocatori sandbox possono acquistare e possedere terreni utilizzando criptovalute (similmente a quanto avviene su Decentraland), sviluppare i propri giochi e mondi virtuali in-game e scambiare oggetti di gioco come biglietti NFT per concerti in-game e parchi di divertimento.

Un altro esempio noto è Axie Infinity, un gioco di ruolo che si ispira a Pokemon dove i giocatori possono combattere, collezionare e allevare creature tipo cuccioli chiamati “Axies”. Ogni Axie è tecnicamente un NFT, dunque è unico e ne certifica autenticità e proprietà in capo al possessore. I giocatori possono guadagnare denaro sia allevando e vendendo Axies, sia combattendo e collezionando ricompense in-game, che consistono in veri e propri cryptoasset che possono essere scambiati con altre criptovalute e poi convertiti in euro o altre valute aventi corso legale.

Il mondo della game industry si è già diviso tra sostenitori e detrattori (è di qualche giorno fa la notizia che Steam, il noto marketplace di videogiochi, non consentirà la pubblicazione sulla propria piattaforma di applicazioni realizzate con tecnologia blockchain che emettono o consentono lo scambio di criptovalute o NFT). Al contrario, l’altrettanto nota Epic Games Store si è dichiarata favorevole ai videogiochi basati su blockchain, purché gli sviluppatori rispettino le leggi vigenti (in alcuni casi, in particolare, saranno applicabili le norme relative all’antiriciclaggio e al diritto dei mercati finanziari).

Sgombrando la mente da preconcetti, sono evidenti le potenzialità di metaverse, play to earn e blockchain, poiché grazie a quest’ultima gli oggetti virtuali nei videogiochi sono effettivamente di proprietà degli utenti e consentono loro di controllare completamente il bene digitale che possiedono. Inoltre, i giocatori sono in grado di ricavare dei guadagni derivanti dal valore generato dagli altri utenti e di scambiare i cryptoasset così ottenuti con altre criptovalute, nonché di convertirle in altre valute avente corso legale, creando una nuova economia digitale mentre “giocano” in un metaverse fortemente realistico e spettacolare.

Insomma, non ci sono più i giochi di una volta.

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