Il progetto, promosso da Trentino Film Commission, assegna un punteggio tenendo conto di alcuni elementi, fra cui il catering ecologico. Viene introdotta poi la figura del 'Green manager', che ha il compito di supervisionare
L’ecosostenibilità è arrivata anche sul grande schermo, o meglio, dietro le quinte. Basta poco: un uso appropriato della corrente, catering ecologico e materiali scenografici riutilizzabili. Una serie di linee guida che permettono ai produttori e ai prossimi titoli di ottenere la certificazione Green Film. “Il divin Codino” del 2020, “Il caso Pantani” e “Il testimone invisibile” del 2018 o “Restiamo amici” del 2017 sono alcuni esempi di lungometraggi che hanno deciso di adottare un comportamento più sostenibile durante le riprese, facendosi guidare del nuovo progetto promosso da Trentino Film Commission.
“Abbiamo dato vita a questa certificazione un po’ per caso nel 2015. Dopodiché lo abbiamo presentato ufficialmente ai produttori nel 2017 – racconta Luca Ferrario, Responsabile della Trentino Film Commission, promotore del progetto Green Film – devo dire che è andata molto meglio delle aspettative. Credevamo che la nostra proposta potesse essere un ulteriore complicazione del lavoro, e invece abbiamo ricevuto subito molte richieste. Le stesse troupe erano d’accordo perché si rendevano conto degli enormi sprechi che avvenivano sul set”. Solo per quanto riguarda il 2021 sono state 15 le domande di certificazione. Tanti progetti radicati nel territorio trentino, ma anche titoli nazionali e internazionali.
I primi Paesi che hanno capito la loro missione e che hanno adottato gli strumenti di Green Film sono stati infatti Francia e Gran Bretagna. Poi è arrivata la collaborazione con il fondo belga Wallimage, con uno norvegese e uno spagnolo. In Italia invece ne fanno uso anche le regioni Emilia Romagna, Veneto e le associazioni Italian Film Commission e Cineregio, il gruppo che gestisce tutti i fondi regionali per il cinema. Per ottenere questa certificazione, Green Film offre una disciplinare che contiene tutte le azioni sostenibili da mettere in pratica sul set. Tra queste ci sono l’adozione di luci a Led, l’uso di mezzi Euro 5 o, meglio ancora, Euro 6 ibridi, a metano o a GPL. A ognuna di queste azioni attribuisce poi un punteggio, prestando attenzione anche al catering e alla scenografia. Nel primo infatti è consigliato prendere acqua potabile della rete idrica locale sul set, ma anche stoviglie riutilizzabili e caffè in grani anziché le cialde. Per il secondo invece, Green Film consiglia il riutilizzo dei materiali di scena così come legname e vernici certificate.
Insomma, stare attenti all’ambiente durante la preparazione di un film è davvero così semplice? “In realtà sì – commenta Ferrario – non richiede uno sforzo enorme, e a lungo andare porta anche benefici economici. Quando i produttori realizzano che gli conviene comprare un boccione per l’acqua anziché tutte quelle bottigliette, allora ci ripensano e passano alla soluzione green”. Ma non bastano i buoni propositi, e quindi oltre al piano di partenza, costruito insieme a un consulente, un esperto indipendente chiamato Green Manager, sul set vengono fatti continuamente controlli. Se alla fine delle riprese tutto risulterà ecosostenibile, verrà rilasciata la certificazione. “Il nostro è uno strumento concreto e per ottenere i fondi pubblici servono le prove che tutto sia stato rispettato. Tante cose stanno cambiando. Ci sono numerose regioni interessate e il ministero della Cultura premia questo comportamento. Credo che il futuro del cinema possa muoversi verso questa direzione” conclude Ferrario.