È stato condannato a un anno e mezzo di carcere per tentata concussione ma è ancora al suo posto. Per questo motivo i consiglieri di Sinistra in comune, che fanno parte della maggioranza che governa la città di Palermo, hanno chiesto le dimissioni del presidente del consiglio comunale, Salvatore Orlando, solo omonimo del sindaco. “Pensiamo che un passo indietro rappresenti un gesto di sensibilità politica, non dovuto ma necessario e auspicabile a tutela della credibilità delle istituzioni tutte”, dicono i consiglieri comunali della lista di sinistra. “Durante la seduta di Consiglio comunale di giovedì – lamentano – il dibattito in aula è stato troncato all’improvviso. Una modalità che abbiamo contestato al presidente del Consiglio perché non ci ha consentito di poter esprimere in aula e alla sua presenza alcune considerazioni politiche sulla sua vicenda giudiziaria che, a nostro avviso, avrebbe meritato tempi di riflessione e di dibattito meno frettolosi”.
Secondo l’accusa nel giugno del 2015 Orlando avrebbe tentato di costringere due componenti della commissione comunale per il conferimento dell’incarico di responsabile dell’ufficio consulenza giuridico amministrativa del Consiglio, a scegliere Antonino Rera. Il dirigente comunale era imputato di favoreggiamento personale ma è stato assolto. La nomina non ci fu perché alla fine venne scelto Nicolò Giuffrida. I pm Giovanni Antoci e Claudia Bevilacqua a maggio avevano chiesto una pena a 3 anni e mezzo di reclusione per Orlando. Mentre per Rera, assolto, era stata sollecitata una condanna a 2 anni. “Quando a inizio consiliatura si è avviata l’indagine a carico del presidente del Consiglio comunale – spiegano i consiglieri comunali della Sinistra -, mentre alcune forze politiche invocavano le dimissioni e gridavano alla vergogna, abbiamo ritenuto, da garantisti, invece, che Totò Orlando potesse continuare a ricoprire la sua carica, in attesa della sentenza. Oggi la sentenza è arrivata, ed è una condanna per un reato proprio, che sarebbe stato compiuto nell’esercizio della propria funzione pubblica. Ovviamente non entriamo nel merito della vicenda, e ci saranno altri due gradi di giudizio che, ci auguriamo, potranno ribaltare l’esito attuale. Vogliamo ragionare, invece, sulla opportunità politica di una permanenza in un ruolo istituzionale di grande importanza e di rappresentanza, come quello di presidente del Consiglio, che è considerato la seconda carica dopo il sindaco”.