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“Abbiamo le prove, il Prosecco non è croato”: la carta di Zaia contro il Prosek arriva dal 1382

Il presidente della Regione Veneto annuncia di aver ritrovato documenti utili a difendere le preziose bollicine prodotte nelle vigne del Nordest dall'assalto della Croazia, che ambisce al riconoscimento da parte dell'Unione Europea. Mentre il nome “prosek”, secondo la task force veneto, corrisponde a forniture che partivano da Trieste per il Duca d'Austria nel lontano Trecento

Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia va alla guerra del Prosecco. Per difendere le preziose bollicine prodotte nelle vigne del Nordest dall’assalto del Prosek croato, che ambisce al riconoscimento da parte dell’Unione Europea. Non è una battaglia di principio, e nemmeno identitaria, quella che il presidente della giunta regionale si appresta a combattere. Molto più prosaicamente è una partita da 2 miliardi di euro all’anno. Visto che nel 2020 sono state 620 milioni le bottiglie prodotte dalle tre zone a Denominazione di Origine Protetta di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un affare colossale considerando che le esportazioni del prosecco fatturano un miliardo di euro.

Dalla sede della Regione è stata annunciata la scoperta di documenti storici che proverebbero come il prosecco sia un prodotto tipicamente italiano, mentre il nome “prosek” corrisponde a forniture che partivano da Trieste per il Duca d’Austria nel lontano Trecento. “Ecco le carte, la pistola fumante di cui parlo da giorni, che riteniamo bloccheranno per sempre le ambizioni di riconoscimento europeo del Prosek avanzate dalla Croazia – ha dichiarato Zaia – Sono tavole, documenti, e riferimenti storici rinvenuti grazie al lavoro della task force messa in campo dal Veneto. Una storia che parte dal lontano 1382 e che mai ha in realtà interessato il territorio croato”. I risultati di questa ricerca finiranno il 2 novembre all’esame di un tavolo tecnico che si terrà a Venezia, con la presenza del sottosegretario leghista all’Agricoltura Gian Marco Centinaio.

Le prime citazioni del termine “prosecco”, riferite alla zona Dop della Venezia Giulia, risalgono al 20 settembre 1382. In quella data la città di Trieste aveva siglato “un accordo tale per cui, entrando nei domini del sovrano austriaco, si impegnava a consegnare annualmente 100 orne del miglior vino di Prosecco al Duca d’Austria”. Secondo la Regione, “la dicitura Prosecco ha poi continuato ad essere estensivamente usata nei secoli per indicare lo specifico vino, proveniente dai territori del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia e tale legame storico costituisce, tra l’altro, il fondamento del riconoscimento della Doc Prosecco di cui al Decreto del 17 luglio 2009 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali”. Allora proprio Zaia era a capo del ministero.

Eppure il nome “prosek” ricorre in alcuni documenti storici. Sono state trovate alcune incisioni di rame risalenti rispettivamente al 1585 ed al 1590, in cui “la città di Prosecco, situata poco a occidente di Trieste, è denominata Proseck, in ragione dell’assoggettamento, in quel periodo storico, dell’area al dominio asburgico”. Ecco l’origine del nome che i croati vorrebbero apporre al loro vino. I veneti esibiranno una prova successiva di due secoli: “Una carta geografica dell’area friulana, risalente al 1770, anch’essa incisa su rame, e stampata per conto del Governo veneziano, impiega, ordinariamente, la denominazione italiana ‘Prosecco’”. Commento conclusivo: “Questo non solo conferma l’omonimia e identità tra i nomi Prosecco e Prosek, ma attesta la risalenza storica del collegamento tra l’area geografica intorno a Trieste e il vino ‘Prosecco’, oggi tutelato con Dop. È, dunque solo a quest’area geografica, del tutto estranea al territorio croato, che può essere ricollegata la storicità della denominazione ‘Prosecco/Proseck’”. A Venezia confidano che questi documenti basteranno per impedire la registrazione della domanda di registrazione di “menzione tradizionale” del prodotto croato, che potrebbe indurre in inganno gli acquirenti.