Regalo per Halloween 2021 della 20th Century Fox la creatura tutta artigli e corna come arbusti, insaziabile sbudellatrice di carne umana, figura mitologica per i nativi americani dell’area del Nord
Dolcetto o scherzetto? Antlers, intanto. Un horror serioso, sottilmente viscido, inusitatamente violento, immerso cinematograficamente in una ricercata oscurità. Bastano un paio di sequenze iniziali del film diretto da Scott Cooper, regalo per Halloween 2021 della 20th Century Fox, per adagiarci scomodi in una marginalità di provincia con fogliame boschivo autunnale e un magazzino antro sotterraneo laboratorio di metanfetamine dove trasmettono più terrore i mugolii di una creatura invisibile che l’espletarsi della pratica tossica criminale. In mezzo c’è un bimbetto, Lucas (Jeremy Thomas), che saltella tra un 4×4 parcheggiato solitario fuori nello spiazzo grigio e il paparino con tanto di maschera antigas intento a confezionare droga. Là sotto, nascosto, il mostro. Wendigo, lo chiamano dalle sue parti (non nel film). Una creatura tutta artigli e corna come arbusti, insaziabile sbudellatrice di carne umana, figura mitologica per i nativi americani dell’area del Nord. Una figura che se ci pensate ha qualcosa di sinistro e raccapricciante, di pauroso e attraente, come le tante creature del cinema del premio Oscar Guillermo Del Toro – il fauno o l’uomo anfibio, per dirne un paio – qui fortemente produttore del film.
La cifra della regia di Cooper (Hostiles – Il fuoco della vendetta) è tra l’esplorativo e il contemplativo, con una macchina da presa che vagola più volte nell’ombra all’angolo di una stanza ma mai ad un livello parossistico tale da risultare incoerente. La graduale scoperta delle potenzialità del mostro è un pregio drammaturgico giocato con l’abilità di un consumato biscazziere dell’horror. Poca roba subito, qualche dettaglio a metà, una dose esagerata quando oramai si va a chiudere. Ed è proprio nella sovrapposizione tra le due storie familiari, quella di Lucas e l’altra di Julia e Paul; in questa volontaria modalità di schivare la tridimensionalità dei personaggi principali (quelli secondari, come l’ex poliziotto nativo Graham Greene – quota minoranze c’è!- sono addirittura abbozzati) che Cooper con l’aiuto dello sceneggiatore Nick Antosca (il suo racconto orrorifico The Quiet boy è all’origine del film) riescono a nebulizzare l’atmosfera di Antlers in un fascinoso pulviscolo (merito oltretutto del direttore della fotografia Florian Hoffmeister e del montatore Dylan Tichenor). Sorta di brace e cenere che finiscono sottopelle o nel sangue dei protagonisti, spore contagiose visibili e devastanti che creano una baviana, sommessa, bizzarra “reazione a catena”. Antlers, nel titolo italiano c’è l’aggiunta “spirito insaziabile“, non avrà forse un successo immediato, ma siamo sicuri che nel tempo costruirà la sua copiosa ridda di fan.