Il Milan non è una grande squadra. Ha una rosa mediocre, nessun giocatore di reale caratura internazionale a parte Theo Hernandez, un allenatore che ha trascorso buona parte della carriera in provincia con risultati buoni ma mai eccezionali, una dirigenza brillante ma inesperta (come dimostrano i troppi problemi sui rinnovi) e una società ancora poco solida alle spalle, perché i fondi d’investimento non sono veri proprietari e lo stesso presidente Scaroni ha ammesso candidamente che Elliott prima o poi rivenderà il club. I detrattori che lo pensano magari avranno pure ragione, ma devono arrendersi all’evidenza: questa piccola squadra ormai è una grande squadra.
Il campo non mente. Se non basta il primo posto in classifica (a pari merito col Napoli), 10 vittorie nelle prime 11 partite, 31 punti conquistati su 33 disponibili, 25 gol fatti (secondo miglior attacco del campionato), che altro devono fare i rossoneri per convincerci? L’ultima dimostrazione è il successo pieno, meritato nonostante i soliti strafalcioni del Var, sul campo della Roma, che si aggiunge a quello di Bergamo contro l’Atalanta e al 2-0 rotondo contro la Lazio. Le vittorie vanno anche “pesate” e quelle del Milan di quest’inizio di campionato sono tutte importanti, anche più di quelle del Napoli, altra capolista della Serie A. Inutile continuare ad avere dubbi e accampare obiezioni. Quelle già dette restano valide, ma cadono di fronte al bel gioco, allo spirito di squadra, alle individualità che non ti aspetti. Dalla crescita esponenziale di Leao e Tonali, fino alla leadership indiscutibile di Kjaer e Ibrahimovic. E poi le mosse azzeccate di Pioli, persino gli episodi, sempre a favore. Oggi il Milan sembra una macchina quasi perfetta, che viaggia sicuramente oltre le proprie possibilità, ma lo fa praticamente da 12 mesi e per questo non può essere più considerata una sorpresa.
È un po’ la stessa storia dello scorso campionato, quando durante lo strepitoso girone d’andata tutti dicevano “tanto prima o poi si ferma”. E in effetti un po’ si è fermato, ma fino a un certo punto: lo scudetto lo ha vinto l’Inter con distacco abissale, ma i rossoneri sono arrivati pur sempre secondi. Probabilmente capiterà anche quest’anno, perché le difficoltà arriveranno, arrivano per tutti: ci sarà anche il momento delle partite storte, di qualche decisione arbitrale a sfavore. Ma la certezza è che la banda di Pioli ripartirà, perché ormai ha dimostrato di saperlo fare. Il punto allora è fino a quando potremo continuare a pensare che questa squadra è sopravvalutata. Ecco, forse fino al derby.
Lo scontro diretto contro l’Inter di domenica prossima diventa davvero uno snodo decisivo di questo campionato. Per entrambe le squadre, da qualsiasi punto di vista. I nerazzurri non possono perdere ulteriore terreno, anzi possibilmente dovrebbero cominciare a riguadagnarlo: con una sconfitta scivolano a -10 e rischiano di fare la fine della Juventus, che oggi può essere considerata a tutti gli effetti fuori dalla corsa scudetto. Ma a parti inverse vale anche per i rossoneri. Perdere significherebbe vanificare quest’inizio straordinario, ritrovarsi “solo” a +4 con il morale basso per il derby, tornare un po’ con i piedi per terra. Ma se vincono, bè, nessuno potrà più negare che sono una grande squadra. Forse già adesso è impossibile farlo.
Twitter: @lVendemiale
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Milan, il successo con la Roma lo dimostra: la “piccola squadra” di Pioli è diventata una grande squadra. Ora la attende il derby-verità
FATTO FOOTBALL CLUB - Inutile continuare ad accampare obiezioni su rosa, dirigenza e allenatore: cadono tutte di fronte al bel gioco, allo spirito di squadra e alle individualità. Oggi quella rossonera è una macchina quasi perfetta, che viaggia sicuramente oltre le proprie possibilità, ma lo fa praticamente da 12 mesi e per questo non può essere più considerata una sorpresa. E la sfida con l'Inter sarà uno snodo decisivo
Il Milan non è una grande squadra. Ha una rosa mediocre, nessun giocatore di reale caratura internazionale a parte Theo Hernandez, un allenatore che ha trascorso buona parte della carriera in provincia con risultati buoni ma mai eccezionali, una dirigenza brillante ma inesperta (come dimostrano i troppi problemi sui rinnovi) e una società ancora poco solida alle spalle, perché i fondi d’investimento non sono veri proprietari e lo stesso presidente Scaroni ha ammesso candidamente che Elliott prima o poi rivenderà il club. I detrattori che lo pensano magari avranno pure ragione, ma devono arrendersi all’evidenza: questa piccola squadra ormai è una grande squadra.
Il campo non mente. Se non basta il primo posto in classifica (a pari merito col Napoli), 10 vittorie nelle prime 11 partite, 31 punti conquistati su 33 disponibili, 25 gol fatti (secondo miglior attacco del campionato), che altro devono fare i rossoneri per convincerci? L’ultima dimostrazione è il successo pieno, meritato nonostante i soliti strafalcioni del Var, sul campo della Roma, che si aggiunge a quello di Bergamo contro l’Atalanta e al 2-0 rotondo contro la Lazio. Le vittorie vanno anche “pesate” e quelle del Milan di quest’inizio di campionato sono tutte importanti, anche più di quelle del Napoli, altra capolista della Serie A. Inutile continuare ad avere dubbi e accampare obiezioni. Quelle già dette restano valide, ma cadono di fronte al bel gioco, allo spirito di squadra, alle individualità che non ti aspetti. Dalla crescita esponenziale di Leao e Tonali, fino alla leadership indiscutibile di Kjaer e Ibrahimovic. E poi le mosse azzeccate di Pioli, persino gli episodi, sempre a favore. Oggi il Milan sembra una macchina quasi perfetta, che viaggia sicuramente oltre le proprie possibilità, ma lo fa praticamente da 12 mesi e per questo non può essere più considerata una sorpresa.
È un po’ la stessa storia dello scorso campionato, quando durante lo strepitoso girone d’andata tutti dicevano “tanto prima o poi si ferma”. E in effetti un po’ si è fermato, ma fino a un certo punto: lo scudetto lo ha vinto l’Inter con distacco abissale, ma i rossoneri sono arrivati pur sempre secondi. Probabilmente capiterà anche quest’anno, perché le difficoltà arriveranno, arrivano per tutti: ci sarà anche il momento delle partite storte, di qualche decisione arbitrale a sfavore. Ma la certezza è che la banda di Pioli ripartirà, perché ormai ha dimostrato di saperlo fare. Il punto allora è fino a quando potremo continuare a pensare che questa squadra è sopravvalutata. Ecco, forse fino al derby.
Lo scontro diretto contro l’Inter di domenica prossima diventa davvero uno snodo decisivo di questo campionato. Per entrambe le squadre, da qualsiasi punto di vista. I nerazzurri non possono perdere ulteriore terreno, anzi possibilmente dovrebbero cominciare a riguadagnarlo: con una sconfitta scivolano a -10 e rischiano di fare la fine della Juventus, che oggi può essere considerata a tutti gli effetti fuori dalla corsa scudetto. Ma a parti inverse vale anche per i rossoneri. Perdere significherebbe vanificare quest’inizio straordinario, ritrovarsi “solo” a +4 con il morale basso per il derby, tornare un po’ con i piedi per terra. Ma se vincono, bè, nessuno potrà più negare che sono una grande squadra. Forse già adesso è impossibile farlo.
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La caduta del Barcellona: i conti sono ancora più drammatici dei risultati
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".