Matteo Renzi ne aveva fatto un simbolo: “Una misura semplice, giusta e liberale”, che “non aiuta l’evasione“, ma “semplifica” e “incentiva i consumi“. Sei anni dopo, l’impietoso fact-checking delle sue parole si trova in uno studio di Bankitalia: l’innalzamento del tetto dei pagamenti in contante da mille a tremila euro, introdotto nella legge di Stabilità per il 2016, “ha aumentato di 0,5 punti percentuali la quota dell’economia illegale“. È la conclusione del recentissimo paper Pecunia olet. Uso del contante ed economia sotterranea firmato da tre ricercatori di Palazzo Koch (Michele Giammatteo, Stefano Iezzi e Roberta Zizza), che prova – scrivono gli autori – come limiti più stringenti all’uso del contante costituiscano “uno strumento effettivo per combattere l’evasione fiscale”. Non solo: “A parità di altre condizioni, un aumento dell’1% nell’uso del cash porta a una crescita tra lo 0,8% e l’1,8% del valore aggiunto sommerso”. Il contributo arriva a pochi giorni dall’ufficializzazione che il governo Draghi ha deciso di mettere fine al cashback, l’incentivo ai pagamenti con carte di credito e bancomat introdotto dal Conte 2.
Lo studio prende in esame il periodo dal 2015 al 2017, cioè i tre anni a cavallo dell’aumento della soglia, poi riabbassata a 2mila euro nel luglio 2020 e in procinto di scendere ulteriormente a quota mille a partire dal 2022. “Abbiamo concluso – si legge nell’abstract – che una crescita delle transazioni cash porta a una crescita dell’evasione fiscale da parte delle imprese, e che l’aumento della soglia deciso nel 2016, motivato dallo scopo di incoraggiare i consumi, ha avuto l’effetto collaterale di condurre a un ampliamento dell’economia sommersa”.
Eppure, già ai tempi, a lanciare l’allarme erano stati in molti. A partire da Raffaele Cantone, il pm voluto dallo stesso Renzi a capo dell’Autorità nazionale anticorruzione, che parlò di “scelta sbagliatissima“. Ma anche l’ala sinistra del Pd al governo: “Renzi copia Berlusconi, è un dato di fatto. Almeno dovrebbe usare argomenti che non insultino l’intelligenza. Uno che ha tremila euro per fare un acquisto ha sicuramente la carta di credito in tasca, è che non vuole usarla“, notava Pierluigi Bersani. Susanna Camusso, allora segretaria della Cgil, definì la misura “devastante”, l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco “autolesionistica”, l’associazione antimafia Libera lanciò una raccolta firme per convincere il governo a ritirarla. Niente da fare: il premier, spinto dai consensi ancora alti, liquidò le critiche e si disse pronto a blindare il testo con la fiducia, come in effetti avvenne. “A chi ci accusa di favorire l’evasione ricordo che noi siamo il governo degli accordi con la Svizzera e il Vaticano”, attaccava. Mentre a esultare più di tutti era il suo ministro degli Interni, Angelino Alfano, che con il proprio partitino faceva da stampella alla maggioranza in Parlamento: “Con questo governo stiamo facendo cose di centrodestra“, rivendicava. E persino Silvio Berlusconi, dall’opposizione, si complimentava per la scelta: “Finalmente il signor Renzi se n’è accorto. Noi però proponiamo un limite ancora più alto, 8mila euro”.
Una mossa più che controversa, insomma, come dimostra il coming out fatto più di tre anni dopo dal ministro dell’Economia di quello stesso governo, Pier Carlo Padoan: “È vero, è stato un errore e io ero contrario. Posso dirlo adesso, dopo un po’ di tempo. Se l’ho detto a Renzi? Sì, gli ho detto tante cose, tra cui questa”. D’altra parte lo stesso Padoan, nel 2014, diceva in Parlamento che l’abbassamento della soglia voluto dal governo Monti era servito a “far emergere l’economia sommersa” e ad “aumentare la tracciabilità delle transazioni finanziarie”, mentre un anno dopo cambiava completamente versione, sostenendo che tra uso del contante ed evasione fiscale non fosse mai stata dimostrata alcuna correlazione.
Il nesso invece risulta evidente dal paper di Bankitalia, che si basa su due ordini di fonti: da un lato le stime Istat sull’evasione fiscale delle imprese, dall’altro i report antiriciclaggio dell’Uif (Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia sui pagamenti in contanti. Nell’analisi a variabili strumentali sono stati considerati anche i fattori, alternativi all’uso del cash, capaci di influire sull’economia sommersa: la pressione fiscale, la deterrenza delle leggi, la qualità della vita, la fiducia nelle istituzioni, la diffusione delle piccole imprese (considerato a maggior rischio evasione) nel tessuto economico di ogni territorio. E, specularmente, i fattori che incoraggiano o scoraggiano l’uso del contante: ad esempio la presenza di molti ATM o filiali bancarie e, dall’altra parte, la copertura con connessione a banda larga di una data zona che rende più facile il ricorso ai pagamenti elettronici. Anche considerando tutte queste variabili, concludono gli autori, “il coefficiente d’interazione tra la riforma e la crescita dell’evasione fiscale è significativamente positivo, segnalando che l’aumento della soglia incoraggia l’economia illegale”.