Con i nuovi contagi che continuano ad aumentare e il governo che può agire solo per gli affari correnti, a Berlino è discussione accesa sulle misure da intraprendere per evitare che la soluzione precipiti: i medici suggeriscono una soluzione all'italiana
L’incidenza settimanale delle infezioni Covid aumenta in modo continuo in Germania: attualmente è pari a 154,8 abitanti ogni 100mila. In questo quadro, il governo in carica può far fronte ormai solo alle funzioni correnti, ma deve comunque correre ai ripari. Il ministro della Sanità uscente, Jens Spahn (CDU), ha confermato l’intenzione di lasciar scadere il 25 novembre le misure contenute nella legge di emergenza nazionale, posizione peraltro condivisa anche dai tre partiti che stanno trattando per formare il nuovo governo. Socialdemocratici, Verdi e Liberali infatti hanno fatto sapere già nei giorni scorsi che non intendono rinnovare la legge e concordano nella necessità di riportare il dibattito sui provvedimenti anti-Covid all’interno dei parlamenti locali.
I reparti di terapia intensiva, tuttavia, si stanno riempiendo anche a causa dei ricoveri di anziani che hanno contratto il Covid nonostante una vaccinazione completa. Anche l’ottantenne Edmund Stoiber, ex candidato al cancellierato contro Gerhard Schröder, è risultato positivo, seppur con sintomatologia lieve, il che gli ha evitato il trasporto in ospedale. Il presidente dell’Ordine dei medici tedeschi, Klaus Reinhardt, aprendo a Berlino la conferenza nazionale degli iscritti ha lanciato l’allarme. La Germania potrebbe dovere affrontare un collasso del sistema sanitario per la mancanza di personale, molti centri funzionano ancora solo perché tanti dottori sono stati richiamati al lavoro ed è indispensabile aumentare da 3 a 5mila i posti nelle facoltà di medicina per coprire le necessità future.
Jens Spahn, dal canto suo, ha proposto che tutti debbano poter avere accesso alla terza dose di vaccino e chiesto di organizzare un incontro in tal senso tra la Federazione ed i Länder. La proposta è stata avallata da Markus Söder, governatore della Baviera, dove l’incidenza settimanale è pari a 248,1, seconda solo alla Turingia (307,1) e la Sassonia (291,6). Ma anche l’esperto di temi sanitari della SPD Karl Lauterbach e la collega di partito Manuela Schwesig si sono dichiarati favorevoli: la governatrice del Meclemburgo Pomerania ha evidenziato che la lotta alla pandemia è un compito nazionale che finora è stato affrontato senza barriere di partito. Per contro il sindaco uscente di Berlino Michael Müller (SPD) si è dichiarato scettico sulla necessità di una conferenza, ma solo perché il suo Land ha già invitato i più anziani a fare un richiamo.
In ogni caso Jens Spahn ha ipotizzato la ripartenza dei grossi centri regionali per garantire slancio alla campagna di richiamo. Gli Impfzentren erano stati messi in stand-by a fine settembre dopo l’accordo trovato durante la conferenza tra i ministri e i Länder. La proposta di Spahn ha però destato reazioni contrastanti, dallo stupore in Baden-Württemberg, all’irritazione in Bassa Sassonia. Molti, ad esempio, non credono che i centri possano effettivamente ripartire in larga scala, perché gran parte del personale era stata presa in prestito da altri settori. Ma non è così in tutti i casi: in Turingia 27 centri su 29 non sono stati chiusi, a Berlino almeno 2 sono ancora attivi anche se ne sono già stati chiusi 4. Altrove, comunque, si potrebbe fare ricorso ad una molteplicità di centri mobili ed anche Klaus Reinhardt in un’intervista televisiva congiunta di ZdF e Ard ha appoggiato l’idea di Spahn. Altra polemica è sull’età di chi dovrebbe essere sottoposto alla terza dose: Spahn ha dichiarato che il suo dicastero manderà avvisi scritti a tutti i cittadini over 60, mentre secondo il presidente dell’Ordine dei medici è meglio procedere con gli ultra 70enni.
Lo stesso Reinhardt tuttavia ha suggerito una possibile soluzione per frenare i contagi: estendere a molti altri ambiti della vita civile l’accesso a soli vaccinati o guariti (regola 2G geimpft/genesen), sulla falsariga di quanto accade già per musei, teatri e ristorazione. In questa direzione arriva già l‘annuncio di alcune grosse imprese, tra cui la Bayer, che riapriranno le mense aziendali ai soli dipendenti vaccinati o guariti (2G). Così come in Italia e Austria, quindi, anche in Germania l’ipotesi è quella di poter accedere al posto di lavoro solo se vaccinati, guariti o testati covid-negativi (regola 3G geimpft/genesen/getestet), intensificando in parallelo i tamponi negli ospizi o dovunque ci siano gruppi di persone più vulnerabili all’infezione. Sempre a sentire il presidente dell’ordine dei medici, il Robert Koch Institut dovrebbe essere elevato a organo di tutela contro le infezioni, sulla falsariga di quanto esiste negli Stati Uniti, e fungere da organo di coordinamento nazionale delle attività di tutti i dipartimenti della sanità dei Länder. Klaus Reinhardt ha anche rivolto un appello ai partiti che stanno lavorando per formare il nuovo Governo: a suo dire è necessario riformare la Bundeszentrale für gesundheitliche Aufklärung (il centro federale per l’educazione sanitaria), che non si è dimostrata efficace nell’abbattere le diffidenze per le vaccinazioni. In Germania sono ancora a rilento e solo il 66,70% della popolazione è interamente vaccinato. Intanto da novembre chi non si è fatto vaccinare (e non ha nessun impedimento di sorta) e sarà costretto alla quarantena non riceverà più lo stipendio per i giorni di assenza. Per il Ministro Jens Spahn è una questione di equità.