Esattamente in questi giorni, una band di ventenni che ha iniziato ad esibirsi per le vie di Roma, passando attraverso un talent show che non ha vinto, un Sanremo che ha vinto ed un Eurovision che ha stravinto, sta conquistando il mondo. Sono bellissimi e molto talentuosi, ma soprattutto stanno riportando il rock, quello vero, suonato e sudato, a dominare le classifiche mondiali della musica. Niente autotune, strumenti che vibrano e presenza scenica da grandi star: i Maneskin conquistano anche l’America e sono sul tetto del mondo.
E proprio dall’alto di quel tetto, sorridono maliziosi strizzati nei loro pantaloni di pelle, col petto nudo e il trucco sul viso. Liberi, sfacciati, ribelli, sexy, sono la dimostrazione che esiste un’Italia che non si fa imprigionare dai preconcetti e dagli stereotipi di genere. Un’Italia che respira a pieni polmoni, emancipata e culturalmente aperta, che non ha assolutamente paura di mostrare ai propri figli un bel ragazzo che canta sul palco con gli occhi truccati e lo smalto sulle unghie, semmai è terrorizzata dall’idea di dover spiegare ai propri figli cosa è successo qualche giorno fa in Senato e il perché di quegli applausi.
Infatti, mentre dall’altra parte del mondo si applaude l’Italia libera di esprimere sé stessa, lontana mille miglia dagli stereotipi e dalle convenzioni, nei Palazzi di Roma si applaude perché è stato affossato il ddl Zan, un decreto legge che si propone di adottare “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenze per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Non è la stessa Roma dei Maneskin, non è la stessa Italia dei Maneskin.
E’ un’altra Italia, un Paese retrogrado e pericolosamente ancorato ai pregiudizi e alle paure, un Paese sommerso dalla vergona e dalle ingiustizie, un Paese morto. Un Paese per politici e lacchè, per maschilisti e misogini, per corrotti e corruttori. Un Paese divorato dalla sete di potere che annega nell’ignoranza.
Noi, che apparteniamo a quell’altra Italia, saremo costretti a spiegare ai nostri figli il perché di tanta violenza in un solo applauso e dovremo essere consci del fatto che se nostro figlio è gay o deciderà di cambiare sesso, dovrà abituarsi ad essere simpaticamente chiamato frocio, checca, trivellone e che dovrà abbozzare un sorriso altrimenti sarà il solito rompipalle moralista. Oppure, che esiste la possibilità che torni a casa in una maschera di sangue, perché dei tizi lo hanno simpaticamente pestato mentre passeggiava col suo fidanzato e che, nonostante voi abbiate spiegato alle forze dell’odine che è stato pestato perché è gay, vi verrà risposto che la vostra è una ridicola supposizione, una fastidiosa illazione figlia di quest’epoca moderna, dove la lobby gay cerca di corrompere e demolire i sani principi sui quali è fondata la nostra società.
Eccole qui, le due facce della stessa medaglia: l’Italia che con orgoglio porta nel mondo talento, inclusione e libertà artistica e l’Italia che applaude fragorosamente l’oscurantismo. Dopo questo ultimo anno, durante il quale il nostro Paese ha vinto praticamente tutto, dalla musica allo sport, compresa la scienza, alla fine ha perso proprio la battaglia più importante: quella per i diritti civili. Come al solito, la politica rappresenta la nota stonata della sinfonia italiana.
Sarebbe bello bastasse la voce graffiante di Damiano, la chitarra vibrante di Thomas, il basso incalzante di Victoria e il rullante perfetto di Ethan per riportare l’armonia laddove si è persa. Ma scardinare certi pregiudizi, certe convenzioni sociali e la tanta, troppa ignoranza non è cosa facile nell’Italia del “E comunque ho tanti amici gay e sono davvero persone carine. Sembrano normali!”.
Il problema è che questa Italia malata si vanta di essere tollerante, quando invece dovrebbe imparare ad essere inclusiva e accogliente. Perché tollerare qualcuno, non significa accettarlo, significa sopportarlo e la sopportazione – come si è visto – ha un limite. E poi in questo momento la politica italiana si sta impegnando molto in cose decisamente più importanti, tipo inasprire le pene per chi inneggia al fascismo o sfila vestito da deportato di Auschwitz per protestare contro il Green Pass. Ah, no. Quella è libertà d’espressione.