Ascoltato in audizione il direttore generale del Tesoro ha spiegato che la presenza dello Stato nell'azionariato (64%) rimane temporanea e che continua il percorso per trovare un acquirente. Rivera nega che sia in discussione la posizione dell'amministratore delegato Guido Bastianini. Il presidente della Fondazione Mps Rossi: "Ora serve uno sforzo di fantasia"
Si sono aperte oggi le audizioni parlamentari ai protagonisti della vicenda Mps, avviate dopo la rottura tra ministero del Tesoro (che controlla il 64% della banca senese) e Unicredit. Il primo a parlare è stato il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera che ha gestito le trattative per conto del ministero. Il prossimo 9 novembre verranno ascoltati gli amministratori delegati Guido Bastianini (Mps) ed Andrea Orcel (Unicredit). La trattativa si è impantanata sulla somma che il ministero avrebbe dovuto sborsare per ricapitalizzare la banca, 2-3 miliardi di euro secondo il governo, più del doppio secondo Unicredit. Una cifra a cui si sarebbero aggiunti 2,2 miliardi di euro in forma di crediti d’imposta. “Non credo che il Tesoro si trovasse in una condizione di debolezza in questo negoziato, avevamo una scadenza nota ma non eravamo costretti a chiuderla. L’impegno con la Commissione era di chiudere entro il 31 dicembre ma a condizioni di mercato.
Se le condizioni di mercato non ci sono non concludiamo e non siamo costretti a farlo” ha detto Rivera, riferendosi al termine concordato con Bruxelles per la cessione della partecipazione in Mps. Il dg del Tesoro ha detto di non conoscere “l’utile 2021 di Mps, sarebbe davvero un’ottima notizia se fosse appena sotto 1 miliardo di euro”. Considerato che nella semestrale i profitti si sono attestati a 202 milioni “vorrebbe dire un andamento favorevole al di là delle nostre più rosee aspettative”. Il problema della banca sono però i crediti deteriorati e le future perdite che da qui potrebbero scaricarsi sui futuri bilanci. Le ultime rettifiche hanno pesantemente intaccato il patrimonio delle banca rendendo necessaria l’ennesima ricapitalizzazione dopo le due effettuate negli ultimi anni per un esborso di 8 miliardi di euro.
“Ora siamo nella piena condizione di discutere con la Commissione dopo aver fatto il passaggio necessario per tentare di vendere la banca“, ha proseguito il dirigente. “Non siamo i primi a discutere della proroga, ci devono essere le condizioni per chiederla e noi lo siamo in questo momento. Il percorso compiuto andava fatto”, ha detto Rivera a chi chiedeva se non fosse possibile chiedere prima la proroga della scadenza per la cessione della partecipazione. Il governo italiano ha avviato con la Commissione Ue le interlocuzioni necessarie ad “ottenere una proroga che sia di durata adeguata e in questo momento non quantificabile”. Il direttore generale ha affermato che “Tra le priorità del ministero c’è quella della salvaguardia dell’occupazione” e se dovessero esserci ulteriori tagli del personale rispetto a quelli previsti nel piano del management di Mps avverranno “in ogni caso con esodi volontari”.
Mps non ha “ottenuto il pieno raggiungimento degli obiettivi” di riduzione dei costi concordati con la Ue con il piano di ristrutturazione del 2017, ha spiegato il rappresentante del Tesoro. Mps ha “progressivamente ridotto” il numero dei dipendenti verso l’obiettivo fissato dalla Commissione Ue per il 2021, pari a 20.065 unità, “subendo tuttavia un rallentamento negli ultimi due anni” a causa di una “redditività sotto le attese che ha reso disponibili minori risorse per sostenere i costi di riduzione del personale” mentre “la pandemia ha ulteriormente aggravato questo scenario”. “attualmente il numero dei dipendenti della banca è superiore a 21 mila unità”
Il Tesoro conferma l’intenzione di vendere la banca escludendo quindi al momento una nazionalizzazione.– “Qualunque ipotesi su cui si può ragionare deve contemplare che lo Stato non sia nel capitale della banca per le ragioni già espresse nel mio intervento. Siamo nella banca in virtù di un aiuto di stato che deve essere temporaneo, siamo vincolati ad uscire” ha detto il dg del Tesoro. In tal caso i bond subordinati non subirebbero la penalizzazione legata ad un salvataggio pubblico, tema su cui Rivera ha rassicurato gli obbligazionisti spiegando che “Lavoriamo a una soluzione di mercato” e “se non c’è aiuto di Stato, non c’è burden sharing”. La ricapitalizzazione del 2017, a differenza di quella che vuole realizzare ora il Tesoro, “era un’operazione che si configurava come un aiuto”.
Per Mps “si renderà necessario procedere a un rafforzamento della struttura patrimoniale della banca mediante un’operazione che sappia convincere il mercato, sulla base di un piano solido e credibile che dimostri che la banca saprà cogliere le opportunità che deriveranno dalla revisioni degli impegni” con la Ue “e risponda in modo rassicurante ai risultati degli stress test” pubblicati a luglio dall’Eba. Il Mef “è pronto a sostenere l’iniziativa e fare la propria parte di azionista di controllo”. Rivera ha negato che ci sia l’intenzione di sostituire l’attuale amministratore delegato della banca senese Guido Bastianini.
“Non mi risulta che ci siano discussioni in corso di questo tipo” rispendo a una domanda del senatore Andrea De Bertoldi. “Bisognerebbe chiedere ai giornalisti che riportano queste notizie che non ci constano”, ha aggiunto. Infine Rivera ha spiegato come non sia possibile “ipotizzare che Mps diventi il perno della costruzione di un terzo polo in mani pubbliche o di una banca pubblica degli investimenti”. “Non con il Monte perché il Monte ha ricevuto un aiuto di Stato e questo ha conseguenze”, ha aggiunto, di fronte alle domande dei parlamentari sulla creazione di un polo pubblico con Carige e la Popolare di Bari.
“Serve uno sforzo di fantasia” – Del gruppo senese ha parlato oggi anche il presidente della Fondazione Mps Carlo Rossi, titolare di una piccolissima partecipazione residua. “Non credo che sia il caso di ripetere il percorso fatto con Unicredit cioè cercare un ‘cavaliere biancò che consenta ad un soggetto pubblico, che oggi controlla la banca, di cedere la sua partecipazione”, ha detto Rossi aggiungendo “Mi pare che nessuno in questo paese si sia stracciato le vesti per questo mancato accordo” ha pure sottolineato Rossi. Il presidente della Fondazione ha affermato che “Non si può dismettere a qualsiasi costo o a qualsiasi condizione. Credo che sia necessario uno sforzo di fantasia sul futuro della banca”. “Vedo difficile – ha poi concluso – che un altro soggetto privato accontenti le richieste del venditore a meno che non esca fuori un investitore estero e magari potrebbe pagare un prezzo d’ingresso vicino alle valutazioni del Mef”.