Il premier riesce a portare in Consiglio dei ministri una delle riforme chiave del Pnrr, che il governo si era impegnato a presentare già in estate. Lo fa rinunciando alle liberalizzazioni delle spiagge o per gli ambulanti che aveva annunciato. Anche sulla questione delle concessioni idroelettriche, che sollevava dubbi in particolare nella Lega, il punto di caduta sarebbe una spinta alle Regioni ad accelerare le gare insieme a un rafforzamento dei poteri sostitutivi dello Stato
Bastava sgombrare il campo dalle questioni riguardanti ambulanti e balneari per arrivare all’intesa: solo così il premier Mario Draghi riesce a portare in Consiglio dei ministri il ddl Concorrenza, una delle riforme chiave del Pnrr, che il governo si era impegnato a presentare già in estate. Il presidente del Consiglio aveva annunciato anche di voler risolvere la grana Bolkestein con la riforma della concorrenza, ma alla fine ha scelto la via della mediazione: niente liberalizzazioni delle spiagge o per gli ambulanti, su cui il centrodestra si era subito messo di traverso. Ma solamente una mappatura delle concessioni in vista di una futura riforma. Questo è quanto emerge dalla cabina di regia riunita per condividere con i partiti il nuovo testo, che al momento è di 34 articoli ma sarà rivisto e corretto fino all’ultimo in vista del Consiglio dei ministri, previsto per giovedì pomeriggio dopo il pre-vertice dei tecnici.
La riunione politica arriva dopo decine di incontri e diversi rinvii. L’ultimo tentativo di portare il provvedimento in Cdm c’era stato la settimana scorsa con la manovra, ma la mancanza di un testo e il poco tempo a disposizione avevano costretto il governo a soprassedere. Ora serve il via libera e quindi sulle concessioni in generale si prende tempo, scegliendo di procedere come con il catasto: per ora una mappatura dello stato dell’arte, una sorta di “operazione trasparenza” per avere intanto un quadro chiaro di chi le detiene, da quanto tempo e quanto paga che possa fare da base a eventuali futuri interventi sui meccanismi della messa a gara.
Anche sulla questione delle concessioni idroelettriche, che sollevava dubbi in particolare nella Lega (e nei governatori del Nord) il punto di caduta sarebbe una spinta alle Regioni ad accelerare le gare insieme a un rafforzamento dei poteri sostitutivi dello Stato, che interverrebbe però solo quando le Regioni sono in ritardo. I contatti con i governatori ci sarebbero stati nelle ultime settimane ma solo a livello tecnico, anche se le norme che li coinvolgono sono diverse, anche sul fronte della sanità. Con il ddl dovrebbe infatti arrivare un pacchetto di misure sui farmaci per migliorare la distribuzione e accelerare l’immissione in commercio di nuovi medicinali, ma anche nuove norme per le nomine dei dirigenti medici, rivedendo i poteri dei direttori generali.
Sui servizi pubblici non di linea l’ultima bozza (in via di riscrittura, con norme che ancora entrano ed escono come quelle sui notai) indica una delega, che dovrebbe riprendere un ordine del giorno votato in Parlamento a fine ottobre. Su altri temi controversi, come i servizi pubblici locali, si sceglie la via della delega anziché delle norme subito operative, per avere più tempo per mettere a punto gli interventi e per trovare le intese nella maggioranza. Ma ci sono anche diversi i settori in cui arriveranno presto delle novità, dalle gare per l’installazione delle colonnine di ricarica, alla banda larga fino all’obbligo di risarcimento diretto anche per le compagnie assicurative con sede all’estero, oltre a un elenco di una serie di attività che non avranno più bisogno di autorizzazioni per partire. Semplificazioni sono in arrivo anche sulla gestione dei rifiuti, fissando peraltro standard qualitativi sulla parte recupero che i gestori sono tenuti a rispettare.
Mentre si cerca la quadra sulla concorrenza, il governo è concentrato anche sulla chiusura della legge di Bilancio, che potrebbe non arrivare in Parlamento prima della prossima settimana. Tra le misure che stanno prendendo la loro forma definitiva il decalage del Reddito di cittadinanza che, ha confermato il ministro del Lavoro Andrea Orlando, scatterà dopo il primo no a una offerta di lavoro.