“Potranno parlare i parenti di Riina e Provenzano, non lo potranno fare più il procuratore e il questore”. È la paradossale situazione che secondo Nino Di Matteo si verrà a creare col decreto legislativo approvato ad agosto dal governo: la norma aveva l’obiettivo di recepire le disposizioni di una direttiva europea del 2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza“. In realtà, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, il provvedimento proibisce agli inquirenti di fornire notizie sui procedimenti in corso al di fuori di cornici formali. Quali cornici formali? Le conferenze e i comunicati stampa, e solo in casi eccezionali. Di più: le conferenze stampa dei pm nel corso delle indagini potranno svolgersi solo se autorizzate dal procuratore della Repubblica “con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano”.
Su questo provvedimento il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un dibattito, visto che era chiamato a fornire una parere alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Un parere, passato a larga maggioranza, che esprime “apprezzamento per la trasposizione positiva” del principio di presunzione d’innocenza, ma evidenzia anche “alcune criticità tecniche“, come sintentizza la relatrice Loredana Miccichè, togata di Magistratura Indipendente. A partire dal “rischio che il procedimento di correzione previsto per eliminare i riferimenti alla colpevolezza aggravi eccessivamente gli uffici giudiziari”. Il parere positivo è comunque passato con tutti i consiglieri che hanno votato a favore, tre astenuti e due contrari: sono i voti di Di Matteo e di Sebastiano Ardita.
L’ex pm di Palermo è intervenuto per spiegare che dal suo punto di vista lo schema di decreto legislativo “conduce a un silenzio pubblico prima della sentenza definitiva, una svolta illiberale” , consacrando “la sostanziale impossibilità per l’autorità pubblica di informare su quanto non è più coperto dal segreto“. Di Matteo ha definito il provvedimento come un vero e proprio “bavaglio alla possibilità che all’informazione contribuisca anche l’autorità pubbica”. E ancora: il consigliere ha spiegato che se questo provvedimento fosse stato in vigore ai tempi del primo Maxiprocesso alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sarebbero stati sanzionati perché commentarono pubblicamente le risultanze investigative legate alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, ma ben prima che quei fatti fossero cristallizzati in sentenze definitive. Di Matteo si è rivolto pure ai colleghi: “Non dobbiamo stare silenti rispetto a una limitazioni della possibilità di informazione, anche da parte dell’autorità pubblica, i rimedi esistono già. Introdurre ulteriori limitazioni rappresenta un bavaglio alla possibilità che all’informazione contribuisca anche l’autorità pubblica”.
Nel decreto legislativo non c’è solo questa forma di bavaglio nei confronti dei pm. Si impone anche a chi comunica di non “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata”, una norma assai vaga la cui violazione può essere impugnata in giudizio, portando a pubbliche rettifiche o richieste di risarcimento danni. Tutti passaggi che non velocizzano di certo la macchina della giustizia.
Giustizia & Impunità
Di Matteo: “Il decreto sulla presunzione d’innocenza? È un bavaglio. Potranno parlare i parenti di Riina, non il pm e il questore”
Il Csm era chiamato a fornire un parere sul decreto legislativo approvato ad agosto dal governo: un provvedimento che proibisce agli inquirenti di rilasciare dichiarazioni fuori dalle conferenze stampa, autorizzate tra l'altro dal procuratore capo "con atto motivato". Il parere è passato a larga maggioranza, con soli due voti contrari: quello di Ardita e quello dell'ex pm di Palermo. Che al plenum ha definito il decreti come un "bavaglio alla possibilità che all’informazione contribuisca anche l’autorità pubblica"
“Potranno parlare i parenti di Riina e Provenzano, non lo potranno fare più il procuratore e il questore”. È la paradossale situazione che secondo Nino Di Matteo si verrà a creare col decreto legislativo approvato ad agosto dal governo: la norma aveva l’obiettivo di recepire le disposizioni di una direttiva europea del 2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza“. In realtà, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, il provvedimento proibisce agli inquirenti di fornire notizie sui procedimenti in corso al di fuori di cornici formali. Quali cornici formali? Le conferenze e i comunicati stampa, e solo in casi eccezionali. Di più: le conferenze stampa dei pm nel corso delle indagini potranno svolgersi solo se autorizzate dal procuratore della Repubblica “con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano”.
Su questo provvedimento il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un dibattito, visto che era chiamato a fornire una parere alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Un parere, passato a larga maggioranza, che esprime “apprezzamento per la trasposizione positiva” del principio di presunzione d’innocenza, ma evidenzia anche “alcune criticità tecniche“, come sintentizza la relatrice Loredana Miccichè, togata di Magistratura Indipendente. A partire dal “rischio che il procedimento di correzione previsto per eliminare i riferimenti alla colpevolezza aggravi eccessivamente gli uffici giudiziari”. Il parere positivo è comunque passato con tutti i consiglieri che hanno votato a favore, tre astenuti e due contrari: sono i voti di Di Matteo e di Sebastiano Ardita.
L’ex pm di Palermo è intervenuto per spiegare che dal suo punto di vista lo schema di decreto legislativo “conduce a un silenzio pubblico prima della sentenza definitiva, una svolta illiberale” , consacrando “la sostanziale impossibilità per l’autorità pubblica di informare su quanto non è più coperto dal segreto“. Di Matteo ha definito il provvedimento come un vero e proprio “bavaglio alla possibilità che all’informazione contribuisca anche l’autorità pubbica”. E ancora: il consigliere ha spiegato che se questo provvedimento fosse stato in vigore ai tempi del primo Maxiprocesso alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sarebbero stati sanzionati perché commentarono pubblicamente le risultanze investigative legate alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, ma ben prima che quei fatti fossero cristallizzati in sentenze definitive. Di Matteo si è rivolto pure ai colleghi: “Non dobbiamo stare silenti rispetto a una limitazioni della possibilità di informazione, anche da parte dell’autorità pubblica, i rimedi esistono già. Introdurre ulteriori limitazioni rappresenta un bavaglio alla possibilità che all’informazione contribuisca anche l’autorità pubblica”.
Nel decreto legislativo non c’è solo questa forma di bavaglio nei confronti dei pm. Si impone anche a chi comunica di non “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata”, una norma assai vaga la cui violazione può essere impugnata in giudizio, portando a pubbliche rettifiche o richieste di risarcimento danni. Tutti passaggi che non velocizzano di certo la macchina della giustizia.
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".