Società

Il complottismo ci solleva dalle responsabilità ma ci soffoca: possiamo lavorarci su

L’idea che ci sia un complotto ordito da potentati per asservire il popolo è diffusa. Paradossalmente si tratta di un’ideologia confortante. Perché, diranno alcuni, credere nel fatto che in ristretti conciliaboli poteri occulti controllino il nostro mondo dovrebbe rassicurarci? Teoricamente si tratta di un pensiero che potrebbe atterrirci in quanto ci priverebbe della possibilità di incidere sulla realtà. Quello che facciamo, pensiamo, votiamo, riteniamo giusto o sbagliato non scalfirebbe le decisioni già preordinate da chi detiene il potere. Poco o nulla di ciò che possiamo pensare o fare inciderebbe realmente sulla nostra e altrui vita.

L’ipotesi di partenza è che l’idea di un controllo da parte di un ristretto numero di potenti ci faccia paura sul piano cosciente ma ci rassicuri a livello più profondo; emotivo-istintivo. Perché? Per comprenderlo proviamo a partire dal ragionamento contrario. Se veramente la realtà non fosse sotto il controllo di un gruppo di potere come sarebbe? Ci sentiremmo liberi ma certamente più impauriti. Chi ha in mano il timone della barca? La bomba demografica, quella ecologica, eventuali problematiche fra nazioni (ad esempio su Taiwan) potrebbero deflagrare da un momento all’altro. Noi impotenti di fronte ad eventi incontrollabili senza una guida. Saremmo responsabilizzati in quanto anche il nostro, sia pur piccolo, contributo potrebbe incidere.

Molto più rassicurante è pensare che qualcuno, potente, controlli tutto. Si tratterebbe di persone che hanno degli interessi da tutelare. Istintivamente ed emotivamente, pur osteggiandoli sul piano razionale, avvertiremmo una sorta di rassicurazione in quanto di fronte al baratro certamente questi potenti si tirerebbero indietro. Meglio insomma un’auto guidata da una persona che noi odiamo e che vuole andare verso direzioni che non sono le nostre piuttosto di un’auto senza conducente. Soprattutto se i burroni ci sono e sono paurosi.

In questi ultimi anni ci sono molte paure. Cito le tre che ognuno di noi conosce: la bomba demografica, l’effetto serra e la pandemia. Tutti abbiamo assistito con angoscia a migrazioni imponenti in cui orde di persone disperate sono disposte a tutto pur di fuggire. Vedere uomini come noi che mettono a rischio la propria vita e quella dei loro cari ci mette in angoscia per loro ma anche per noi, in quanto non sappiamo cosa succederà. Saremo in grado di accoglierli? Potremo trovare dei modelli di integrazione ragionevoli o succederanno, come spesso è successo nella storia, lotte fra etnie, lingue, culture e religioni diverse?

L’effetto serra sta diventando visibile anche all’uomo della strada. Mille incognite vengono suscitate. Cosa succederà a me? Ai miei cari? Saremo in grado di fare fronte a cambiamenti così rilevanti? La pandemia ci ha dimostrato che un piccolissimo virus può colpirci. E’ vero che abbiamo messo a punto strategie, vaccini e medicinali ma la nostra vulnerabilità di fronte alla natura è stata plasticamente evidente. Come andrà a finire la pandemia? Arriveranno altre malattie?

Tutti questi dubbi ci terrorizzano. Se pensassimo che non c’è nessuno così potente da esercitare un controllo saremmo in balia di eventi veramente angoscianti. Meglio ritenere che esista un gruppo (Bilderberg?) che controlla tutto e che al momento opportuno, quando avrà raggiunto i suoi sporchi obiettivi, toglierà la spina alle terribili paure che abbiamo prima elencato. La spinta ad avvertire, istintivamente ed emotivamente, come necessario un complotto è talmente forte perché sostanzialmente è rassicurante. Per questo ognuno di noi tende, in varie situazioni, a ragionare con una modalità complottara. Non vuol dire che siamo malati o paranoici. Siamo esseri umani che hanno un limite di fronte alla sofferenza e che, una volta raggiunto questo livello, ergono un muro fatto di emozioni in cui qualcuno agisce contro di noi.

La deresponsabilizzazione che ne consegue non è molto utile. Occorre che accettiamo l’idea che tanti eventi storici, a posteriori, erano in nuce nella società in cui si sono determinati. La prima e la seconda guerra mondiale, secondo molti studiosi, trovarono terreno fertile nelle paure, emozioni e modi di pensare dei popoli del primo Novecento.

Lottare dentro noi stessi per allontanare, almeno in alcune occasioni, la mentalità fatalista che il complottismo determina è utile per renderci consapevoli della nostra responsabilità. Possiamo incidere, nel nostro piccolo. Non voglio affermare che non bisogna mai pensare a un complotto. Forse in diversi casi esiste. Ma possiamo almeno oscillare fra il pensiero del complotto e l’etica della nostra individuale responsabilità.