Cinema

Salvadis, zombie da applausi nell’horror recitato in friuliano presentato al Trieste Science+Fiction

Il film di soli 46 minuti l’ha diretto Romeo Toffanetti, disegnatore di Nathan Never, ed è stato girato attorno al lago di Barcis, in Valcellina, provincia di Pordenone. C’è il solito manipolo di sopravvissuti all’epidemia che si isola e spara a vista ai morti viventi, ma il racconto funziona, la regia è di notevole qualità e c'è un attore davvero in parte

di Davide Turrini

Bentornati cari zombie. Che in mezzo ai miasmi dei tinelli e alle solite recrudescenze di crisi identitarie da cinema italiano ci sia spazio anche per i morti viventi è una lieta novella che farebbe felici zio George e zio Ubaldo. Si intitola Salvadis. Dura 46 minuti larghi larghi. È recitato in dialetto friulano dalla prima all’ultima sillaba. L’ha diretto il disegnatore di Nathan Never, Romeo Toffanetti ed è stato presentato alla 21esima edizione del Trieste Science+Fiction Festival. Lo spazio svuotato, spettrale, sinistro è il lago e la località di Barcis, Valcellina, provincia di Pordenone.

Lì, tra i boschi e le case e le capanne abbandonate si muovono circospetti e armati fino ai denti – c’è anche un machete – i due protagonisti del film (Giordano Bello e Alessio Guglielmi). Sorta di sopravvissuti ad un mondo distrutto da un’epidemia (l’ipotesi creativa esisteva anche prima del Covid, pardon) hanno come isolato un’area montana per poi viverci al suo interno (sì, zio George, sì) con tanto di minimarket disponibile sotto l’appartamento occupato (appunto, zio George, appunto) e con il passatempo delicatissimo di seccare da lontano i morti viventi che tornano in vita e insediano il fortino. Con loro c’è anche una giovane amica con la quale uno dei due protagonisti lega, ma soprattutto c’è un’altra ragazza vicina sentimentalmente all’altro protagonista che in una sorta di sottotesto flashback vuole scappare da quel luogo isolato per andare a fare carriera in città ma che aiuterà drammaturgicamente al solo dipanarsi con suspense della trama. Salvadis è cinema low low budget ma non per questo misero nel risultato finale, anzi.

Proprio nell’epoca dell’ipersaturazione iconografica di The walking dead, Toffanetti evoca prima di tutto un’atmosfera livida generale lasciando basculare nell’aria il senso di terrore per la finitezza dell’esistenza. Regia agile, inquadrature che non si ripetono stanche ma che cercano sempre una profondità di sguardo oltre i protagonisti, niente trappole da jumping scare gratuito, Salvidis è la giusta dose di dubbio e di brivido artigianale in mezzo alle consuetudine delle certezze industriali. Con un attore (Bello o Guglielmi non l’abbiamo capito, succede quando la produzione lesina più in materiali stampa che nel filmare) calvo e piccoletto che fa il duro ma riproduce quella fragilità tipica della narrazione horror morti viventi in cui in controluce si intravede solo morte e sconfitta. Un unico appunto: la “sorpresa” in sottofinale – quella annunciata al tg per dire – non vorremmo stigmatizzasse una certa idea di isolamento culturale e sociale di un angolo di paese vivaddio non standardizzato in vani globalismi. O almeno lo speriamo.

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