Che fine ha fatto Baby Jane? E’ il titolo di un filmone del 1962 con Bette Davis e Joan Crawford nel ruolo di due sorelle legate da un perverso rapporto sadomasochistico. Un capolavoro fra il dramma e l’horror, di Robert Aldrich, cupo e agghiacciante nel tratteggio psicologico delle due donne. Ma è anche il titolo del nuovo programma di Franca Leosini su Rai3 in prima serata il 4 e l’11 novembre. Due puntate in tutto. Per raccontare proprio la dimensione psicologica di alcuni protagonisti di “Storie Maledette”, la storica trasmissione condotta dalla giornalista.
Cosa fanno ora? Dove sono? Come vivono? Dopo aver raccontato la loro storia disperata ed estrema alla conduttrice, sono rimasti nella penombra a scontare la loro pena. Poi il ritorno alla vita nella comunità. Ma nessuno parla mai del dopo, del loro eventuale pentimento, del rancore dei famigliari delle vittime coinvolti. Il programma ricostruisce, attraverso materiali di repertorio e docufiction, le loro vicenda umana e giudiziaria, svelandone l’identità solo nel ritorno al presente. Ed ecco il collegamento a “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Chi ha commesso il crimine si presenta nella sua vita reale di oggi.
Ad aprire il programma televisivo, disponibile anche su RaiPlay Radio in una serie podcast di otto puntate, le prime quattro a partire dal 5 novembre e le successive dal 12 novembre, “Si chiamava Rosa, era mia madre”. Protagonista è Filippo Addamo, incontrato per “Storie Maledette” dalla Leosini diversi anni fa nel penitenziario Bicocca di Catania. Nell’inverno del 2000 Filippo, poco più che ventenne, uccise sua madre Rosa con un colpo di pistola alla testa. Dopo la condanna a 17 anni di carcere, dal 2019 è un uomo libero. Che cosa prova oggi? Rimorso, pentimento, devastazione emotiva?
Il nuovo programma della Leosini arriva dritto alla dimensione umana e psicologica di chi ha commesso i delitti più inspiegabili. L’11 novembre sarà la volta di Katharina Miroslawa, ex ballerina polacca condannata nel ‘93 a 21 anni come mandante dell’omicidio dell’amante, l’imprenditore Carlo Mazza.
Per la Leosini fra commettere un crimine e svolgere una vita improntata al crimine c’è differenza. Storie umane molto diverse. Donato Bilancia era un serial killer. Lui, l’uomo che uccideva sui treni, seguiva il corso di laurea in progettazione del turismo culturale quando è morto per Covid. Ha sempre dichiarato il suo pentimento, dal carcere dove avrebbe dovuto scontare più ergastoli. Erika e Omar invece, tornati liberi, non hanno mai parlato. Difficile capire cosa si cela nell’animo chi ha commesso i crimini più atroci. In alcuni casi c’è piena reintegrazione nella comunità. In altri purtroppo no. “Il massacro del Circeo è stato un gesto di altissimo crimine. Avendo parlato a lungo con Angelo Izzo negli anni successivi – spiega la conduttrice – ero convinta che fosse da circoscrivere a un periodo sciagurato della sua vita”. “In seguito invece l’ha ripetuto”, racconta. “Per me è stata un’enorme delusione personale. Da allora non ho più voluto avere contatti con lui. Mi ha scritto, ma non ho mai più risposto”. Attraverso la ricostruzione delle storie di nera si recupera anche la memoria di un Paese che supera ma non dimentica. Il diritto all’oblio? Per molti di loro, secondo Leosini, il rapporto più difficile rimane quello con se stessi. “Prendiamo Addamo, oggi si è sposato, ha un bambino, ma in lui è vivo il rimorso di quel gesto, una maledizione da cui non si libera”.
Tante le trasmissioni che parlano di nera. Da “Quarto Grado” a “Chi l’ha visto?” fino a “La vita in diretta”, “Porta a Porta” e “Uno Mattina: storie vere”. La scrittrice Cinzia Tani già nel 2006 collaborava al programma “Delitti” in onda su LA7 e sul canale Crime+Investigation di Sky. Il suo “Assassine, quattro secoli di delitti al femminile”, che include anche la storia della contessa Bathory, soprannominata “contessa Dracula”, seviziatrice di fanciulle nel Seicento ungherese con l’aiuto di un nano sadico, è diventato subito un best seller. Atteggiamento morboso del pubblico di lettori e spettatori o semplice volontà di penetrare l’animo umano per trovare una razionalità e una logica? L’unica certezza è che questo filone intriga, coinvolge da sempre. Pensiamo ai romanzi di Agatha Christie e di Ruth Rendell, regina del crimine. Chi di noi nella sua vita non si è lasciato affascinare dal punto di vista dell’assassino? Camus, nel romanzo “Lo Straniero”, racconta di Meursault, un piccolo impiegato che vive ad Algeri. Un giorno, quasi per caso, uccide un arabo. Arrestato, non tenta neppure di giustificarsi. Viene processato e condannato a morte.