Gira e rigira anche la Nasa torna a parlare di forme di vita non terrestri. Oltretutto ad ospitare la riflessione del fisico statunitense James Green, capo scienziato della Nasa, è stata una delle più importanti riviste scientifiche internazionali, ovvero Nature. Nell’abstract Green la mette giù un po’ alla Spiderman, ma la sostanza è chiara: “La nostra generazione potrebbe realisticamente essere quella che scoprirà prove di vita oltre la Terra e da questo potenziale privilegio derivano delle responsabilità”.
Green allarga poi lo spettro dell’analisi delle forme di vita oltre quelle terrestri un po’ alla Stephen Hawking: “La grandezza della domanda se siamo soli nell’Universo, e l’interesse pubblico che essa genera, apre la possibilità affinché i risultati ottenuti implichino più di quanto supportano le osservazioni o di quanto gli osservatori intendano”. Green, tra l’altro, orienta il suo ragionamento da un lato sull’ipotetica sorpresa, dall’altro su come evitare il più possibile sensazionalismo nel comunicarlo: “Poiché gli obiettivi di rilevamento della vita diventano sempre più importanti nelle scienze spaziali, è essenziale aprire un dialogo collettivo su come trasmettere informazioni in un argomento che è vario, complicato e ha un alto potenziale di sensazionalismo”.
Insomma, per il capo scienziato della Nasa bisogna “stabilire le migliori pratiche per comunicare il rilevamento della vita può servire a stabilire aspettative ragionevoli sulle prime fasi di un’impresa estremamente impegnativa”. Green specifica infatti che si deve “attribuire valore ai passi incrementali lungo il percorso (di scoperta ndr), e costruire la fiducia del pubblico chiarendo che le false partenze e i vicoli ciechi sono una parte prevista e potenzialmente produttiva del processo scientifico”. Infine le conclusioni del fisico americano si orientano verso un tentativo di dare consistenza fiduciaria a chi studia da tempo fenomeni di apparizioni inspiegabili (ma non per questo aliene ndr) nei cieli statunitensi registrati soprattutto da membri dell’esercito, della marina e dell’aviazione a stelle e strisce. Green infatti parla della creazione di un “proof-of-concept”, ovvero di uno studio di fattibilità che “implichi non una prescrizione, ma semplicemente l’inizio di un dialogo importante”.