Il Macao, nella periferia sud-est del capoluogo lombardo, è uno dei centri sociali più attivi di Milano. Da un anno però deve fare i conti con chi ha occupato gli edifici intorno alla propria sede (occupata dal collettivo dal 2012): spacciatori, senzatetto e violenti. A fine dicembre, durante una mostra sull'antirazzismo, c'è stata l'irruzione di un gruppo di magrebini con coltelli e spranghe. E mentre la polizia ha intensificato i propri sforzi sulla zona, la politica si domanda cosa succederà nell'area in cui sono previsti gli investimenti di riqualificazione dell'ex Macello
Un ragazzo cammina lungo il marciapiede con ciabatte bianche ai piedi. È senza calze. Ci sono, forse, 11 gradi. Zoppica. Poi tossisce. Una, due volte. Attraversa la strada a passo lento, scatta il verde e le prime auto suonano il clacson. Lui non ci fa caso, tira dritto e si infila in un centro massaggio cinese con le scritte rosa su sfondo azzurro.
Da viale Molise al Duomo, coi mezzi pubblici, ci vogliono 20-25 minuti. Trenta se va male. Porta Romana è a un tiro di schioppo, eppure siamo in periferia. Periferia sud-est. Quando sui giornali si parla della Milano che verrà – la Milano che corre e che si trasforma – i titoli vanno principalmente allo Scalo Farini, al quartiere Santa Giulia, a Cascina Merlata e all’area ex Expo. Di Calvairate non si parla. Aria di riqualificazione, di rivincita, tra l’enorme deposito Atm e il buco nero accanto alla stazione di Porta Vittoria non la si respira. Eppure qui, alle spalle delle palazzine liberty abbandonate di viale Molise, è previsto uno dei progetti di riconversione più importanti della città. Quello dell’ex Macello.
NUOVI “OCCUPANTI” AL MACAO – La palazzina dell’ex Borsa del Macello è occupata da nove anni da uno dei centri sociali più attivi, dal punto di vista culturale, di Milano. Il Macao. Una sera di fine settembre era in corso un evento pubblico con centinaia di persone, una mostra sull’antirazzismo, quando a un certo punto un gruppo di nordafricani ha fatto irruzione armato di spranghe, machete e coltelli. Panico, minacce, ragazzi feriti e sangue. Il gruppo si è barricato all’interno della struttura e ha inscenato una specie di occupazione; i referenti del Macao hanno chiamato la polizia e quando le volanti sono arrivate al civico 68, gli “intrusi” erano già scappati. Chi erano questi violenti, e cosa volevano dal Macao?
Per capirlo, è sufficiente fare un salto in viale Molise – meglio se di giorno. Qui le aggressioni e gli scippi, nell’ultimo anno, sono aumentati a dismisura. Basta chiacchierare con chi vive il quartiere o dare un’occhiata alla pagina “La loggia di Calvairate”.
IL QUARTIERE LASCIATO A SE STESSO – “È iniziato tutto nel giugno del 2020, quando la Asl se n’è andata – racconta Emanuele Braga, uno dei referenti del collettivo – da quel momento le palazzine intorno a Macao sono state occupate e si è creata un’enorme favelas. Una bidonville composta da centinaia di persone, working poor, rider, lavapiatti, spacciatori. Ci sono anche minori non accompagnati. Per lo più si tratta di stranieri, ma c’è anche qualche italiano. Le condizioni igienico-sanitarie sono pessime, ci sono topi ovunque, immondizia. Al primo piano di una palazzina, per tenere a distanza forze dell’ordine, hanno costruito una barricata con spazzatura e materassi”. Due mesi fa, di notte, iniziano i furti. “Prima al laboratorio di falegnameria – continua Braga – poi in sartoria, nella saletta di registrazione e nel magazzino musicale. Cos’è cambiato rispetto a prima? Abbiamo ospitato una donna con un bambino in fasce, che subiva continue violenze nelle palazzine accanto. Dormiva da noi, le davamo assistenza in attesa che i servizi sociali si attivassero. Il compagno ha iniziato a fare storie, voleva entrare. Glielo abbiamo permesso. Dopo qualche giorno si è portato dietro dei mezzi pusher. Hanno incominciato a conoscere la nostra realtà, da lì i furti, poi l’episodio di fine settembre”. Quando, in pratica, gli occupanti sono stati “occupati”. “Ma noi non vogliamo colpevolizzarli oltremodo – precisa Braga – ciò che vediamo è il risultato di politiche del lavoro inesistenti, di un diritto alla casa che non esiste. È una conseguenza prevedibile che le persone che vivono in quel contesto si diano al narcotraffico. E alla violenza”.
SGOMBERO? – La polizia – e l’Arma – hanno intensificato i controlli nell’area nell’ultimo anno nel tentativo di ridurre la microcriminalità. Da parte loro, da quello che si apprende, c’è grande attenzione. Ma la sensazione è che finché non arriverà la prima ruspa per il cantiere dell’ex Macello, la situazione non cambierà. “Il problema è che non si sa quando ciò avverrà”, dice Verri. Intanto, per evitare nuovi agguati con spranghe e coltelli, dal Macao hanno cercato di aprire un canale coi nuovi “vicini”. “Dialogare con loro? Ci proviamo. Finché non spaccano le bottiglie e ce le lanciano contro”.
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