Neanche otto giorni dopo il fallimento del ddl Zan in Senato, nella stessa Aula la maggioranza ha votato la fiducia al decreto Infrastrutture. E di fatto ha approvato il divieto di pubblicità discriminatorie anche “dell’identità di genere”, contenuto nel provvedimento con la stessa formulazione che ha affossato definitivamente il disegno di legge contro l’omtransfobia. Ha protestato infatti il centrodestra: in Aula hanno paventato di chiedere il voto segreto su alcuni emendamenti soppressivi, proprio come sul ddl Zan, ma a risolvere la questione è stato il governo che ha deciso di mettere la fiducia. Il dl è stato approvato con 190 voti favorevoli e 34 contrari e il provvedimento è diventato legge.
Il decreto, tra le altre cose, prevede che “sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”. La norma, come ricorda Askanews, era stata introdotta nel corso dell’esame in commissione alla Camera con un emendamento firmato dalla deputata Pd Alessia Rotta. Un passaggio che non piace alle destre, tanto che Fratelli D’Italia a Palazzo Madama ha presentato degli emendamenti soppressivi chiedendo di votarli a scrutinio segreto, ma a bloccare quella che poteva essere l’ennesimo scontro è stata la richiesta del governo di mettere la fiducia sul testo. “Continuare sulla strada di mettere sempre la fiducia su tutti i provvedimenti”, ha detto il capogruppo leghista Massimiliano Romeo in Aula, “equivale a dare la sensazione di volere sostanzialmente evitare il Parlamento, che è composto dai rappresentanti del popolo, come se diventasse una sorta di fastidio andare in Parlamento ad affrontare le varie tematiche. L’insofferenza è in tutti i gruppi politici”. Secondo il senatore di Fdi Andrea De Bertoldi con il divieto approvato si riprodurrebbe “il disegno di legge Zan in un decreto trasporti!“. Ha protestato anche il senatore di Fdi Lucio Malan dicendo che “si tratta di una norma ideologica volta a limitare la libertà di espressione, una misura assolutamente inaccettabile, introdotta a tradimento e di soppiatto. È pericolosissima perché lasciata, per un verso, all’interpretazione, e per un altro, alla censura preventiva che faranno tutti i concessionari di pubblicità”. Coro di critiche a cui si è aggiunto Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia.