Alla presentazione del ‘Patto’ per la decarbonizzazione completa entro il 2050 presentato da Assocarta, Assofond, Assovetro, Confindustria Ceramica, Federacciai, Federbeton e Federchimica, è intervenuto anche Claudio Descalzi. Lo chief executive officer Eni afferma che il forte aumento del costo del gas “è dovuto a 7-8 anni di scarsissimi investimenti. Noi siamo passati da 885 miliardi all’anno a circa 300 miliardi durante il Covid e poi è cambiata l’offerta con più elettricità, più rinnovabili, idrogeno verde e questo ha portato investimenti, solo noi abbiamo investito nell’ultimo anno 2,6 miliardi in rinnovabili sia eolico che solare”.

Per il numero uno di Eni “la ripresa, dopo il Covid ha sollecitato una domanda e sulla domanda governa il mercato e la domanda è fatta ancora di prodotti come il gas, ma soprattutto il carbone” da cui si ricava “il 40% dell’elettricità”. Descalzi sottolinea come “il carbone ci ha messo sessant’anni per avere il 50% del mercato; il petrolio sessant’anni per avere il 40% del mercato, il gas cinquant’anni per avere il 23%, mentre le rinnovabili in venticinque anni, con i sussidi, a livello energetico non elettrico, il 2% e a livello mondiale l’elettrico l’8% e il 17% a livello europeo”. Per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione al 2050 “bisogna utilizzare tutte le tecnologie e disposizione, senza ideologie, altrimenti è come dover correre i 100 metri con le mani e i piedi legati”.

L’allarme che lancia Descalzi é: “Abbiamo un gas che è aumentato di cinque volte e abbiamo una tassa sulle emissioni, che è sacrosanta, ma la paghiamo solo noi in Europa, vuol dire che il carico di costi che l’industria italiana viene a sopportare è senza precedenti. Dunque tutti gli strumenti devono essere messi a disposizione di un’industria che non deve essere solo aiutata, ma deve essere salvata. Con le tasse che vengono, per esempio sulla raffinazione che paghiamo in Europa – sottolinea – ma per noi sarebbe più semplice se non facciamo nulla: chiudere tutte le raffinerie e comprare i prodotti negli Stati Uniti e in Medio oriente perché lì non ci sono tasse sulla CO2. Cioè tutti sono pronti a dare obiettivi però poi l’Europa, l’Italia fanno passi concreti perché tassano chi inquina e nessun altro lo fa, ma poi l’industria muore ed altre industrie invece salgono, oppure si fanno industrie al di fuori dell’Italia ma questo vuol dire impoverire in modo assolutamente dissennato un patrimonio di tecnologia, di occupazione, di tecnologia e di sviluppo”.

APoi al termine dell’evento di Roma, Descalzi ribadisce che “con il G20 e Cop26 sta avvenendo un grande sforzo soprattutto dell’Europa per la decarbonizzazione, la speranza è che anche gli altri Paesi e continenti, al di là delle parole, seguano l’esempio dell’Europa come per esempio sulla carbon tax che nessun altro ha e soprattutto che si ribadisca coma ha fatto il presidente Draghi, che ci deve essere una neutralità tecnologica per affrontare questa sfida perché i tempi che abbiamo sono molto brevi”. Dunque per Descalzi è necessaria “un’azione pragmatica che permetta la decarbonizzazione e permetta anche alle industrie di sopravvivere” perché se la carbon-tax c’è solo in Europa il gioco diventa abbastanza difficile per noi. Ma c’è anche un problema di energia, che l’Europa non ha e deve comprare, quindi da un lato dobbiamo fornirci di strumenti per decarbonizzare e dall’altro assicurare la sicurezza energetica, ma anche riuscire ad avere dei prezzi che riescano a tenere viva l’industria italiana”.

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