“Remember remember, the fifth of November”. Ci sono date che, pur non essendo feste ufficiali, si portano dietro una tradizione letteraria ormai scolpita nell’immaginario collettivo. Per noi è il cinque maggio manzoniano, che ricorda la morte di Napoleone (Ei fu…), nel Regno Unito è famoso il cinque novembre, la notte di Guy Fawkes, che tutti associamo al film V for Vendetta e alla maschera con i baffi stilizzati, simbolo dei ribelli di mezzo mondo, da Anonymous agli Indignados.
Ma cos’è successo esattamente il 5 novembre? Bisogna tornare al 1605, quando la Corona inglese sventò un complotto – passato alla storia come la Congiura delle Polveri – organizzato per far saltare in aria il Parlamento e uccidere re Giacomo Stuart e suo figlio. Breve riassunto delle puntate precedenti: Giacomo era salito al trono dopo la morte di Elisabetta la Grande, una delle sovrane più celebri della storia d’Inghilterra che, tra le altre cose, aveva deciso di tagliare i rapporti con la Chiesa di Roma fondando un nuovo culto di cui lei stessa – guarda un po’ – sarebbe stata il capo. Così, un problema di meno. I cattolici sull’isola non la presero affatto bene: per volere della regina fu proibito il culto cattolico e i sacerdoti vennero perseguitati e processati come traditori. Con l’arrivo del nuovo sovrano, Giacomo I, i cattolici speravano in un cambio di passo. Per assicurarselo decisero di prendere in mano la situazione, uccidere il re protestante e sostituirlo con uno cattolico. Arriviamo così al 1605: la gestazione del complotto fu lunga e faticosa, ci volle oltre un anno e tanto, tanto denaro, che costrinse i cospiratori – guidati da Robert Catesby – a chiedere aiuto ad amici facoltosi, e a spargere la voce. I congiurati avevano affittato una casetta dietro Westminster, e ne avevano riempito la cantina di polvere da sparo (da cui il nome Congiura delle Polveri). L’idea era quella di farla esplodere il 5 novembre, in occasione della riunione del parlamento. E forse ci sarebbero anche riusciti se uno dei cospiratori, Tresham, non avesse mandato una lettera anonima al cognato, lord Mounteagle, per dirgli di non mettere piede a Westminster. Mounteagle (alla faccia della riconoscenza) fece arrivare la lettera al re: le cantine furono perquisite, e qui entra in scena Guy Fawkes, che faceva la guardia ai barili di esplosivo. Torturato e interrogato, Fawkes mostrò un incrollabile coraggio, che lo fece diventare il simbolo della resistenza ai soprusi del potere.
In memoria del pericolo sventato, il re decise di celebrare il 5 novembre con fuochi d’artificio, e presto diventò una festa popolare. Ma come spesso succede nella storia, il significato si è progressivamente rovesciato: Guy Fawkes, il ‘cattivo’ della storia (e nemmeno il capo dei cattivi, solo uno dei tanti) è diventato l’eroe. La storia è diventata leggenda, e la leggenda è arrivata fino al ventunesimo secolo. Nel Regno Unito il 5 novembre è noto anche come la ‘Bonfire Night’, celebrata con fuochi e falò, dove a volte brucia un fantoccio che ricorda Guy Fawkes. Il volto del cospiratore è diventato celebre grazie al disegno dell’illustratore David Lloyd, che inventò la maschera con i baffi e il pizzetto per un fumetto di Alan Moore, V for Vendetta, ambientato in una Londra distopica sotto una dittatura: il protagonista vuole organizzare il colpo di stato contro il regime. La trama vi ricorda qualcosa? Il fumetto nel 2005 è diventato un film cult con Hugo Weaving e Natalie Portman, grazie alla regia di James McTeigue e alla sceneggiatura delle sorelle Wachowski.
Ed è lì che tutto il mondo ha visto la maschera di Guy Fawkes come simbolo di ribellione, libertà, protesta: è il volto degli hacker di Anonymous, ma anche dei manifestanti delle proteste di Occupy Wall Street e del movimento degli Indignados.