Era ormai il 2008 quando Left 4 Dead invase i PC ed XBOX 360 sotto l’etichetta di VALVE, ora a distanza di 13 anni Turtle Rock Studios punta a farci rivivere quelle decine di ore passate a massacrare zombies insieme agli amici con Back 4 Blood, l’erede della saga, senza fortunatamente essersi dimenticata di inserire qualche novità appetitosa ad una formula ormai consolidata dai primi 2 capitoli.

Back 4 Blood: squadra che vince non si cambia (?)
Una piaga verminosa ha trasformato le persone in creature orrende che si dipanano tra i classici zombies e mostri speciali da falcidiare con il nostro set di armi, cercando una decantata “soluzione definitiva” a quello che sta succedendo sul pianeta.

Insomma, come i fan di Left 4 Dead sanno bene, questa è una saga che non scommette certo sulla trama come proprio punto di forza, anche se gli intermezzi che alternano i 4 atti della campagna restano comunque abbastanza interessanti, ma la caratterizzazione degli 8 personaggi selezionabili per massacrare tutto quello che si muove riesce a sopperire a una banalità narrativa che si fa sentire fino a un certo punto.

Back 4 Blood mantiene la visione di gameplay alla quale la saga di Left 4 Dead ci ha abituati: ci si ritrova in un rifugio, ci si equipaggia e si cerca di sopravvivere avanzando al rifugio successivo svolgendo vari compiti lungo il percorso, dal trasporto di materiali, all’attivazione di ponti e carri attrezzi, all’eventuale chiusura di qualche grossa galleria dalla quale le aberrazioni ci stanno invandendo.

Fino a qui niente di nuovo, ma come dicevamo Turtle Games Studio ha impreziosito l’opera con l’inserimento di qualche interessante novità che passano da vere e proprie classi di eroi, alla Director AI pronta a metterci il bastone tra le ruote per concludere con le carte potenziamento delle quali parleremo approfonditamente a breve.

Per il resto, al netto di fortificazioni, sotto missioni e compiti specifici, siamo davanti a un altro, ottimo Left 4 Dead, che potrebbe deludere chi si aspettava davvero qualcosa di più innovativo, ma farà la gioia dei fan di vecchia data che hanno apprezzato a fondo i capitoli precedenti.

La Director AI e il card system
L’hub che avremo a dispozione tra una sessione di gioco e l’altra è chiamato linee di rifornimento di Fort Hope e sarà il luogo da cui potremo gestire tutto ciò che riguarda il nostro personaggio. Che si tratti dunque di armamentario, deck di carte, skin e selezione delle modalità di gioco: sarà tutto disponibile e gestibile all’interno di questo accampamento in modo rapido e intuitivo, anche grazie al fatto che non si dovrà obbligatoriamente girare da tutti i responsabili delle varie features, ma potremo gestire quello che vogliamo tramite il comodo menù.

Sarà il luogo dove costruiremo appunto il nostro deck, la novità più interessante introdotta da questo nuovo capitolo della saga che aggiunge un buon senso di progressione, ma senza alla fine essere troppo complicato da inficiare le meccaniche di un gioco che ha sempre fatto dell’immediatezza il suo primario punto di forza. La prima carta del deck che costruiremo sarà attivata in automatico all’inizio della campagna (o all’inizio del primo round in PVP), poi dovremo cominciare a sceglierle dal pool man mano che concludiamo capitoli e round.

Inizialmente possono sembrare dei bonus passivi abbastanza irrisori, almeno finché non sbloccheremo qualche carta più avanzata grazie ai bonus rifornimento guadagnati durante le attività, ma contando che sono bonus permanenti e, soprattutto, cumulabili, ne sentiremo i piacevoli effetti già dopo una manciata di capitoli.

Non siamo solo noi a servirci delle carte però, anche l’AI potrà usufruire di un suo particolare deck e farà di tutto per impedirci di portare a compimento la nostra missione, ma non tutto il male viene per nuocere. Se le sue carte corruzione comprendono il potenziamento di determinati mostri, l’apparizione di mutazioni particolarmente feroci o malus del calibro di orde continue dopo intervalli di tempo regolari, mettono a disposizione succosi bonus nel caso riuscissimo a completare il capitolo soddisfacendo alcuni requisiti, come per esempio non far scattare allarmi, non allarmare gli stormi di corvi che richiamano le orde o raggiungere tutti e 4 sani e salvi il rifugio.

Mai sottovalutare nessun bonus e nessuna moneta, ci serviranno a rimpolpare armi, pallottole e medicine tra un rifugio e l’altro.

Dei piccoli difetti per una grande avventura
Da fan dei precedenti capitoli abbiamo cominciato Back 4 Blood non senza qualche dubbio: la tipologia stessa del titolo ci ha messo fin da subito il pregiudizio del “già visto”, ma bisogna dire che Turtle Rock Studios ha effettuato qualche scelta strutturale parecchio furba per sorvolare la questione.

Il gioco propone un sistema che punta sulla rigiocabilità piuttosto che sulla brutale longevità (la campagna in sé, al livello più basso, si conclude tranquillamente in mezza giornata con un party sveglio). L’introduzione della Director AI riesce però a inserire qualche piccolo cambiamento qua e là che rende piacevole ripercorrere i propri passi, contando anche il fatto che saremo formalmente obbligati a finire la campagna a tutte e 3 le difficoltà. La micro struttura procedurale di medikit, casse e munizioni non ci permette di andare a “memoria”, ma ci obbliga a una esplorazione continua, esplorazione resa anche piacevole dall’ottimo e variegato level design che ogni atto ci propone di volta in volta.

Back 4 Blood è molto più caotico dei suoi antenati e l’AI delle varie aberrazioni è decisamente più attenta e aggressiva, così come il numero di mostri speciali presenti all’interno delle mappe che in certi sotto atti non sembrano lasciare tregua ai nostri massacratori.

Questa caoticità di fondo si riflette purtroppo nella scelta delle armi: tra mitra leggeri, mitragliatori pesanti, fucili a pompa e fucili di precisione, questi ultimi a meno che non si faccia ricorso a una specifica carta che ci permette di portare due armi primarie, lasciano il tempo che trovano. Cercare un punto dal quale fare in qualche modo “il cecchino” in atti nei quali i mostri arrivano da letteralmente ogni dove è praticamente impossibile e affidarsi solo e unicamente a un fucile di precisione risulta davvero troppo complicato.
Al di là del fatto che potremmo usarlo per sbarazzarci di eventuali nemici cercando di non attirare gli allarmi, alcune sezioni di gioco obbligatorie attireranno l’orda per forza di cose, quindi occhio all’armamentario.

Un’altra questione sollevata dai giocatori è sicuramente la sostanziale impossibilità di farsi qualche partita in solitaria. Sebbene sia evidente la natura cooperativa di Back 4 Blood, non ci aspettavamo che giocare in single player fosse una feature praticamente assente. Giocare da soli ci affiancherà dei bot dalle dubbie capacità (dei pali), ma soprattutto non riceveremo ricompense al compimento degli atti di gioco, riservate solo al multiplayer e avremo infatti a disposizione tutte le carte già sbloccate nella costruzione del mazzo singolo.
Un altro difetto che va a riflettersi nel comportamento generale del titolo: se non si hanno 3 amici con i quali giocare si dovrà ricorrere al matchmaking, che sappiamo bene essere un terno al Lotto, ma anche nel caso questo terno lo facessimo, il matchmaking si riattiverà all’inizio di ogni capitolo facendoci giocare con altre 3 persone diverse, scelta di game design che sinceramente fatichiamo a capire.

Insomma, è un gioco al quale diamo un giudizio che oscilla tra “buono” e “ottimo” a seconda degli amici fissi che avete con cui giocarci, ma grazie all’Xbox Game Pass (in cui il gioco è incluso) e ai server cross platform non dovrebbe essere difficile goderselo interamente insieme a una compagnia affiatata.

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