di Riccardo Cristiano*

Una squadra di tecnici e funzionari della sicurezza dell’Università Islamica di al-Azhar, principale istituzione teologica sunnita con sede al Cairo, si è recata in Iraq, dove ha visitato diverse città tra le quali anche Najaf, la città santa degli sciiti, sede della loro più prestigiosa università teologica. Contemporaneamente il grande imam di al-Azhar ha annunciato ufficialmente che presto visiterà l’Iraq. Appare quindi probabile che si recherà anche a Najaf, per incontrarvi l’ayatollah al Sistani. Dunque la principale autorità teologica dell’Islam sunnita, Ahmad al-Tayyeb, e la principale autorità teologica sciita, l’ayatollah al Sistani, potrebbero presto dar vita a un incontro che non ha precedenti nella storia islamica.

In un mondo islamico che brucia soprattutto per un conflitto imperiale, ma che usa le due confessioni islamiche per legittimarsi, questo evento suonerebbe come una rivalsa della religione (islamica) sulla politica. Sottoposto da secoli a un potere politico che non sa più uscire da una logica di distruzione nel nome della conquista, il potere religioso si dimostrerebbe finalmente di altra pasta. Questo potrebbe accadere anche, e comunque non in piccola parte, per la storia personale delle due personalità: Ahmad al-Tayyeb nasce nel sufismo, l’anima spirituale del sunnismo molto lontana da quella che tanti anni fa strinse un patto di potere con la tribù dei Saud in nome di un reciproco tornaconto: quei religiosi puritani e oscurantisti avrebbero dato valore religioso alla conquista dei territori della penisola arabica da parte dei Saud in cambio dell’accordo sull’esportazione nel mondo della loro visione dell’Islam.

Dall’altra parte c’è l’ayatollah al-Sistani, che come il suo predecessore non ha mai accettato la svolta teocratica imposta nell’Iran sciita da Khomeini e in tempi più recenti ha avversato il controllo dei pasdaran sulla politica irachena. Se l’incontro si farà non vorrà dire che gli estremisti dei due campi lo condividano, ma che non possono impedirlo. Con i movimenti di protesta che si diffondono contro di loro tra i loro stessi sudditi/correligionari, sunniti e sciiti, che gli imputano governi inetti, negazione di diritti ed economie al collasso, impedirlo potrebbe essere rischioso.

Ma come hanno fatto al-Tayyeb e al-Sistani a incamminarsi su questo mai sperimentato cammino? Qui entra in campo l’“onesto mediatore”: Francesco. Dopo aver riallacciato il dialogo con l’università di al-Azhar, Francesco ha stabilito un rapporto diretto, personale, con l’imam al-Tayyeb. E insieme hanno prodotto un documento incomprensibilmente trascurato da molti: il Documento congiunto sulla fratellanza umana. Firmato il 4 febbraio del 2019, da parte islamica ripudia secoli di teologia ufficiale, affermando che ognuno ha diritto alla libertà, quindi i cittadini devono essere tutti uguali davanti alla legge, e che le nostre diversità di religione, sesso, razza, lingua, cultura sono parte del sapiente disegno divino.

Dopo aver firmato questo testo con l’imam di al-Azhar, Bergoglio è andato in Iraq, dove si è recato a Najaf, incontrandovi l’ayatollah al-Sistani. Per intrattenersi con lui il papa è arrivato addirittura in ritardo di mezz’ora a Ur dei caldei, dove per la prima volta nella storia un vescovo di Roma ha potuto vedere la casa natale di Abramo e lì presiedere un incontro interreligioso. E qual è l’idea che ha consentito al “nemico numero uno” di sunniti e sciiti, il vescovo di Roma e quindi simbolo dell’Occidente, di convenire con entrambi? E’ una frase molto semplice, piana, quella che fa da titolo alla sua ultima enciclica: “Fratelli tutti”.

La fratellanza gli ha consentito di trasformarsi da nemico comune in onesto mediatore tra il principale teologo sunnita e il principale teologo sciita, facendo vedere a entrambi non un occidentale giudicante, ma il capo di una Chiesa che definendosi universale non si ritiene prioritariamente occidentale, ha le mani libere, è indipendente da interessi politici. E’ nata in quei giorni, nei giorni della visita di Francesco in Iraq, l’idea di invitare l’imam di al-Azhar in Iraq, per una visita ufficiale che sin qui non era mai stata considerata possibile. Ora si apprende che al-Tayyeb durante il suo viaggio visiterà anche i territori autonomi dei curdi iracheni, che notoriamente non hanno un rapporto facile con gli arabi d’Iraq.

Cosa faranno al-Tayyeb e al-Sistani nessuno lo sa. Si vedranno? Si faranno davvero vedere in pubblico insieme? Lì, a Najaf, dove il sangue divise sunniti e sciiti all’inizio della storia islamica? Arriveranno addirittura a firmare un documento comune? La lunga preparazione dell’incontro e il perdurante riserbo non inducono a pensare a una visita “di circostanza”. Ma qualunque cosa accada si può già dire che la soluzione dei conflitti ha bisogno di “honest broker”, quel che non si vede oggi: la crisi dell’Onu in buona parte sta proprio nella debolezza della sua possibile “moral suasion” in assenza di un reale potere d’arbitrato.

* Vaticanista di RESET, rivista per il dialogo

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