Non accenna a scendere la tensione tra Cina e Taiwan. Proprio mentre una delegazione del Parlamento europeo è in visita a Taipei, Pechino ha stilato una lista di “irriducibili indipendentisti” dell’isola e ha emesso un provvedimento con cui impedisce di varcare i suoi confini, più quelli di Hong Kong e Macao, al premier Su Tseng-chang, al ministro degli Esteri Joseph Wu e al presidente del parlamento You Shyi-kun. La misura inasprisce ulteriormente i rapporti diplomatici tra i due Paesi, diventati sempre più tesi dopo le ripetute dimostrazioni di forza della Repubblica Popolare nei confronti del piccolo territorio che rivendica la propria sovranità.
Come spiegato dall’Ufficio del governo centrale per gli Affari di Taiwan, lo scopo dell’iniziativa è quello di rendere “penalmente responsabili a vita le persone che sostengono l’indipendenza dell’isola”, individuando un elenco di individui “che sono ostinatamente pro-indipendenza“. Proprio in quest’ottica, il premier viene definito da Pechino “capo dell’autorità esecutiva di Taiwan”, Wu “capo dell’autorità per gli Affari esteri” e You “capo dell’organo legislativo”, a rimarcare l’appartenenza al Dragone del territorio, da riunificare anche con l’uso della forza, come aveva detto in passato lo stesso leader del Partito Comunista cinese Xi Jinping. I tre sono considerati nello specifico responsabili di “aver tentato di istigare il confronto attraverso lo Stretto di Taiwan, aver attaccato e calunniato maliziosamente la terraferma, aver cercato l’indipendenza con parole e azioni legate a forze esterne per dividere il Paese e aver gravemente minato le relazioni bilaterali”.
La mossa di Pechino arriva proprio mentre la prima delegazione del Parlamento europeo è in visita nella capitale dell’isola-Stato asiatica per dar seguito a una risoluzione volta a stipulare un accordo commerciale. “La nostra presenza mostra quanto Taiwan sia importante per la discussione e l’agenda europea. Incarnate libertà e democrazia, la democrazia più vivida nella regione”, ha detto Raphael Glucksmann, presidente della commissione speciale per le Ingerenze Straniere del Parlamento. Che ha aggiunto: “Venire a Taiwan non è una provocazione. Più l’Unione europea mostra il suo interesse al rapporto con il Paese, più si allontana il pericolo di una situazione di guerra”. Il riferimento è ovviamente alle tensioni scatenate dalle recenti prove di forza della Cina, che a inizio ottobre si è resa protagonista con i propri velivoli militari di oltre 15o incursioni aeree nei cieli di Taiwan.
Una mossa che ha subito messo in allerta le autorità di Taipei, portando il governo taiwanese a evocare la minaccia di un’invasione entro il 2025. Oltre all’Ue, nella questione si sono inseriti anche gli Stati Uniti del presidente Joe Biden, che dapprima hanno rassicurato su presunti accordi presi con Xi circa il rispetto dell’indipendenza dell’isola ma poi ha iniziato a fare pressioni per un ruolo più attivo della piccola nazione all’interno dell’Onu dichiarandosi “pronti a difenderla in caso di aggressione“. Proprio per questo, non si sono fatte attendere nuove minacce da parte del Dragone, che ha avvertito Washington sui rischi di un “effetto dirompente” nei rapporti bilaterali se la Casa Bianca continuerà a usare la “carta di Taiwan“.