Secondo l'accusa, il presidente/allenatore Luigi Fresco e altri due dirigenti indagati hanno ottenuto indebitamente 12 milioni 242mila euro dalla gestione di oltre 700 richiedenti asilo tra il 2016 e il 2018. La società aveva dichiarato di essersi impegnata "a favore di giovani profughi provenienti dall'Albania nel 1989 e dalla ex Jugoslavia negli anni 1991-1995...”, pur essendosi costituita nel settembre 2000
La società di calcio che si occupava anche di migranti, presentando richiesta di partecipazione ai bandi della Prefettura di Verona per l’accoglienza dei richiedenti asilo. Un pasticcio, intanto perchè non aveva i requisiti e poi perchè – secondo la Procura scaligera – ha commesso una serie di reati tra cui truffa ai danni dello Stato, falso ideologico in atto pubblico e turbativa d’asta. A indagare sono stati i finanzieri del Comando provinciale di Verona, che hanno redatto un corposo rapporto riguardante la gestione degli appalti pubblici. Sulla base delle contestazioni, che riguardano tre indagati, il sostituto procuratore Maria Diletta Schiaffino ha chiesto e ottenuto dal gip Raffaele Ferraro un provvedimento di sequestro preventivo “per equivalente” per 12 milioni di euro nei confronti di Luigi Fresco, presidente (e allenatore) della Virtus Verona, squadra che milita in Lega Pro.
Il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona ha indagato per due anni, sulla base di alcune segnalazioni – arrivate dalla Prefettura – di presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese da parte di una delle società affidatarie del servizio di accoglienza e assistenza ai cittadini stranieri. Il periodo va dal 2016 al 2018, le somme percepite sono pari a 12 milioni 242mila euro complessivi in relazione alla gestione di oltre 700 migranti. Una prima serie di irregolarità riguarda la documentazione prodotta in sede di gara, “con false attestazioni – scrive la Finanza – in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione al bando, tra cui quelli riferiti all’oggetto sociale, alla pregressa esperienza nel settore, al numero di operatori e alla idoneità delle strutture destinate all’accoglienza”. Ad esempio era richiesta, come condizione necessaria per partecipare, una “comprovata esperienza in ambito Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ndr) in progetti di accoglienza similari destinati ai richiedenti protezione internazionale”. La società aveva dichiarato, senza però documentarlo, di essersi impegnata “nel tempo nell’inserimento sociale degli immigrati attraverso attività svolte a favore di giovani profughi provenienti dall’Albania nel 1989 e dalla ex Jugoslavia negli anni 1991-1995…”, pur essendosi costituita nel settembre 2000.
Un altro requisito era quello di avere tra i propri fini istituzionali quello di “operare in un settore di intervento pertinente con i servizi di assistenza alla persona, di accoglienza e di integrazione”, mentre è bastata una visura in Camera di Commercio per accertare che l’oggetto sociale prevedeva “l’esercizio di attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali”, ampliato in seguito soltanto allo scopo di poter concorrere ai bandi. Allo stesso modo, gli investigatori considerano infondata la dichiarazione (richiesta) “di aver reso senza demerito servizi di assistenza e accoglienza nell’arco degli ultimi due anni”. I finanzieri hanno poi accertato irregolarità nel numero di addetti, nonché di posti letto e di abitazioni in case prese in affitto per assicurare l’ospitalità degli stranieri.